del Presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai on. Francesco Storace
e di tutti gli altri membri della Commissione
Roma, 27 aprile 1999
Signor Presidente, signori Commissari,
sono passati 802 giorni da quando, il 13 febbraio 1997, la Commissione parlamentare di vigilanza approvò un fondamentale atto di indirizzo nei confronti della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, nel quale si richiamava la Rai-tv al suo duplice obbligo giuridico "di garantire ai diversi soggetti e alle diverse idee di essere rappresentati, e soprattutto di assicurare al cittadino il diritto ad essere completamente informato". "Ciò che rappresenta un dovere per l'intero sistema radiotelevisivo -proseguiva quel documento- diventa un obbligo per ciascun mezzo radiotelevisivo gestito dal servizio pubblico, che motiva la sua esistenza (e il suo finanziamento attraverso il canone) nel suo essere dalla parte di ogni cittadino, evitando ogni subordinazione a partiti, poteri o interessi". Esattamente in questa prospettiva, il documento da un lato ribadiva il vincolo della Commissione parlamentare di vigilanza, per l'appunto, "a vigilare" sull'adempimento di quell'indirizzo, e dall'altro prevedeva, i
n caso di "costanti disequilibri" nell'informazione fornita dalla concessionaria pubblica, il preciso dovere della Direzione generale della Rai di intervenire "per richiedere alla testata interessata la correzione della linea informativa".
Sono poi passati 523 giorni da quando, il 19 novembre 1997, la Commissione di vigilanza approvò una risoluzione nella quale, "rilevata la pressoché totale assenza dai dibattiti e dai confronti televisivi dei temi sollevati con molteplici iniziative dal Movimento dei Club Pannella e dal suo leader", e "considerato che temi quali quelli della droga, del finanziamento pubblico dei partiti, delle riforme elettorali e gli altri proposti dalle iniziative del Movimento dei Club Pannella sono temi di interesse generale che non possono essere marginalizzati solo perché a proporli sono forze e movimenti fuori degli attuali schieramenti politici", si chiedeva alla Rai "di inserire tempestivamente nella programmazione televisiva trasmissioni di dibattito e di confronto sui temi sopra ricordati".
Sono infine passati 412 giorni da quando, il 10 marzo 1998, la Commissione approvò un'altra risoluzione, nella quale, constatata e denunciata la mancata attuazione da parte della Rai della precedente delibera, se ne ribadivano in tutto e per tutto i contenuti e le richieste.
A fronte di tutto questo, i dati e le cifre forniti a più riprese in tutti questi mesi -ma ormai è sempre più il caso di dire: in tutti questi anni- dall'"Osservatorio di Pavia" e dal "Centro d'ascolto dell'informazione televisiva" mostrano e dimostrano come il decorso del tempo non solo non sia servito a dare attuazione agli indirizzi del Parlamento, ma abbia addirittura consentito alla Rai di progressivamente aggravare e perfezionare il proprio disegno criminoso ai danni dei cittadini e del movimento radicale, disegno che non noi, ma lo stesso Presidente Storace, rivolgendosi per iscritto al Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non esitò a definire "un autentico genocidio politico e culturale".
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Dell'intera vicenda tuttora si occupano -o dovrebbero tuttora occuparsi- tanto la Procura della Repubblica di Roma, nei cui uffici giace (e temiamo che il carattere cimiteriale del verbo ben si attagli al trattamento che a quella iniziativa sta riservando la magistratura romana) una nostra denuncia nei confronti dei massimi dirigenti della Rai per attentato ai diritti civili e politici del cittadino, abuso d'ufficio e associazione a delinquere, quanto l'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, a cui, com'è noto, la legge 249/97 attribuisce il potere di richiedere alla Rai l'attivazione dei procedimenti disciplinari previsti a carico dei dirigenti che si siano resi responsabili del mancato rispetto degli indirizzi formulati dalla Commissione di vigilanza.
Ci chiediamo e vi chiediamo se e come voglia continuare ad occuparsene anche la Commissione di vigilanza, cui deve essere indubbiamente riconosciuto il merito, con le risoluzioni richiamate in apertura, di aver gettato un primo fascio di luce sulla oscura realtà del cosiddetto "servizio pubblico", ma che -lo diciamo con franchezza- non ha poi trovato il coraggio di compiere il passo successivo, e di censurare in qualche forma -ma in modo ufficiale- un comportamento che, a questo punto, non si limita a colpire i diritti dei cittadini, e, con essi, quelli del nostro movimento, ma finisce addirittura per vanificare e ridicolizzare gli stessi atti della Commissione. A meno che il Parlamento non abbia già scelto di continuare ad assistere impotente alla reiterata e proterva violazione delle proprie delibere da parte dei fuori-legge di Viale Mazzini, rendendosene di fatto complice per omissione.
In ogni caso, continueremo ad occuparcene noi -come non abbiamo cessato di fare neppure per un solo istante in tutti questi anni-, e anzi preannunciamo che nelle prossime settimane forniremo a tutti, in tutte le sedi politiche e giudiziarie, le ulteriori prove a sostegno di quella che non fu -lo ripetiamo- una denuncia nostra, ma del Parlamento della Repubblica. Intanto, però, non possiamo esimerci -come cittadini prima ancora che come rappresentanti di una parte politica- dal richiamare il Parlamento a rispettare e a tutelare, insieme alle leggi, anche e soprattutto la sua stessa dignità.
In questo senso, un primo significativo banco di prova sarà rappresentato dal "trattamento" che gli organi di informazione, e in primo luogo il "servizio pubblico" radiotelevisivo, sceglieranno di riservare ai nuovi referendum che, dal 30 aprile, saranno a disposizione dei cittadini presso tutte le Segreterie comunali, referendum -è bene sottolinearlo- che vertono proprio sui temi che furono -e continuano ad essere- oggetto della più feroce censura e del più violento ostracismo da parte della Rai. Ci auguriamo che la Commissione di vigilanza sappia essere "vigile", e non scelga invece di rassegnarsi definitivamente all'inerzia.
Cordiali saluti,
Marco Cappato Daniele Capezzone