In seguito alle nostre gravi e circostanziate denunce presso la redazione del Corriere Adriatico per il modo sbrigativo e falsificatorio con il quale tale testata ha reso conto ai propri lettori della manifestazione dei 4000 di Ancona di domenica 2 maggio, il giornale ha pubblicato (oltre mezza pagina di spazio, in cronaca) i seguenti interventi: quello degli organizzatori della manifestazione, quello dell'avvocato Gianni Marasca, iscritto al PR, e quello, antiradicale, di un gruppo di (veri o presunti) "ex" radicali: Dal Corriere Adriatico dell'8 maggio:
Iniziativa radicale del 2 maggio: la replica alle critiche
"ALTRI ISTIGANO ALLA VIOLENZA"
In risposta all'intervento del lettore Giovanni Trillini, dagli organizzatori della manifestazione radicale del 2 maggio, Stefano Mazzocchi e Mauro Paolinelli, riceviamo e pubblichiamo questa replica:
"Con riferimento alla lettera del Sig. Giovanni Trillini, da Voi pubblicata nell'edizione del 5 maggio, gli organizzatori ritengono doveroso dare risposta al vostro lettore, secondo il quale la manifestazione di Piazza del Plebiscito della scorsa domenica, cui hanno partecipato 4000 cittadini italiani e albanesi, sarebbe stata una "istigazione alla violenza" realizzata da un partito, il Partito Radicale, che pretende di essere nonviolento e gandhiano.
Vogliamo innanzitutto ricordare che lo slogan della manifestazione, attorno al quale si sono uniti tutti i 4000 manifestanti era: "PER LA LIBERTA' NEL KOSOVO, PER L'INCRIMINAZIONE DI MILOSEVIC E PER LA DEMOCRAZIA IN SERBIA", dunque nulla di istigatorio alla violenza.
In secondo luogo vorremmo sottolineare come i 4000 "istigatori alla violenza e alla vendetta", tra i quali centinaia erano i bambini, hanno dato vita ad una manifestazione assolutamente pacifica e serena. Vogliamo altresì ricordare che i sedicenti pacifisti a base di molotov e sassi, quando hanno sfilato, in poco più di cento, per le vie di Ancona hanno "pacificamente" bersagliato i militanti radicali che raccoglievano firme alle Tredici Cannelle (come fanno ormai da un anno e mezzo) per l'incriminazione di Milosevic, con sassi e monetine (oltre che con insulti e minacce, ovviamente).
Quanto all'intervento violento della Sig. Ilenia Mehilli, il Sig. Trillini sa bene che gli oratori successivi se ne sono nettamente dissociati; in particolare il segretario del Partito Radicale Transnazionale ha ribadito, tra gli applausi della folla, che "Milosevic lo vogliamo vivo, per portarlo davanti al Tribunale internazionale dell'Aia".
Infine vogliamo ricordare al Sig. Trillini che la nonviolenza gandhiana non ha nulla a che fare con il pacifismo d'accatto di chi pone sullo stesso piano massacratori e massacrati e resta neutrale ed equidistante tra gli uni e gli altri. Gandhi diceva che "è pienamente giustificata la violenza usata da coloro che non possono o non sanno usare le armi della nonviolenza e che sono chiamati a difendere la vita delle loro donne e dei loro bambini". Quindi da radicali nonviolenti noi diciamo che l'intervento della NATO e l'autodifesa dell'UCK, dopo che per anni si è tentata invano la via del dialogo col regime nazicomunista di Milosevic, è preferibile alla codarda e vergognosa inerzia dinanzi alla politica di genocidio e di pulizia etnica che dal febbraio 1998, dopo la Croazia e la Bosnia, colpisce il Kosovo e il suo popolo, massacrato, stuprato, derubato e costretto ad un tragico esodo. L'alternativa all'intervento NATO non era e non è la pace, ma la prosecuzione di questa politica. Chi in questi anni ha istigat
o all'odio, all'intolleranza e alla violenza, è il dittatore di Belgrado e non altri".
Interviene l'avvocato Gianni Marasca
"IO, UN NONVIOLENTO FAVOREVOLE ALLA NATO"
Dall'avvocato Gianni Marasca, riceviamo e pubbli-chiamo: "Preg.mo Sig. Diret-tore, quale iscritto al Partito Radibale (oramai da 15 anni) ho letto con interesse la lette-ra del Sig. Trillini in merito alla manifestazione per l'incri-minazione di Milosevic e alla partecipazione ad essa di quattromila kosovari in gran parte (secondo il lettore) inneggianti alla violenza contro l'oppressione serba. La lette-ra, giustamente pubblicata con ampio risalto, data la de-licatezza delle questioni poli-tiche e morali che pone, dimostra come, purtroppo, in questo Paese non si è mai ben compreso il significato della nonviolenza. Si ricorderà quando Pannella dialogava con i terroristi delle Brigate Rosse, chiamandoli compa-gni assassini, o quando il boss mafioso Andraus chiese l'i-scrizione al Partito o quando i radicali si battevano per il ri-spetto delle libertà civili di tutti (destra e sinistra) e non solo degli amici, il tutto con grande scandalo del comune moralismo di sinistra. In real-tà è proprio la forza della no
n violenza, intesa quale pratica politica quotidiana, e non quale ideologismo pacifista al servizio di una parte, che consente al Partito radicale di dare voce anche ai diversi da loro e anche ai violenti. An-che Milosevic avrebbe voce nel Partito Radicale come l'hanno i filoserbi ai microfo-ni liberi di Radio radicale. Se-condo i principi radicali è la nonviolenza a dover contami-nare la violenza, e ciò è possi-bile solamente con il dialogo e l'accettazione della sfida anche la più ardita. Il nonvio-lento si accompagna al vio-lento perchè è consapevole della forza della nonviolenza e perchè non ha scheletri nel-l'armadio da occultare. La differenza tra nonviolento e pacifista è tutta qui. La scelta politica dei radicali è stata quella di denunciare, da anni a questa parte, la violenza ge-nocida di Milosevic e di chie-derne per questo l'incrimina-zione in sede internazionale. Se i pacifisti di oggi avessero ascoltato qualcosa al riguar-do, forse serbi e kosovari non sarebbero arrivati al dramma-tico scontro
etnico e forse non sarebbe stato necessario l'in-tervento armato della Nato, la quale tuttavia, non potrà ri-pristinare i diritti dei deporta-ti senza ricorrere ad un inter-vento di terra in mancanza di una forza internazionale di garanzia. Mi rendo conto che dire le cose come stanno può esser non apprezzato. Ma alle soglie del 2000 è venuto il momento di sciogliere il dub-bio che ha caratterizzato que-sto secolo, ovvero se stare dalla parte di un occidente de-mocratico che garantisce co-munque libertà e progresso anche ai suoi detrattori, oppu-re se stare dalla parte dei vari totalitarismi comunisti reli-giosi o etnici, che stanno con-ducendo la Terra ad un nuovo conflitto di dimensioni plane-tarie".
Lettera aperta di un gruppo di "ex"
"MA NOI RADICALI ERAVAMO DIVERSI"
Da Marco Berti, Maurizio Biekar, Franco Bonanni, Annalisa De Gregorio, Roberto Ferroni, Luciano Lucantoni, Maurizio Marchionni, Marco Moruzzi, Pieo Mutinelll, Anna Olivari, Silvana Rota Martir, Antonio Serafini, Danilo Tornifoglia e Marinella Zaggia Boari, riceviamo e pubblichiamo: "Parecchi anni fa eravamo militanti, iscritti o semplici simpatizzanti del Partito Ra-dicale. Tra la formazione politica di allora (si pensi tra le altre, alle ormai storiche battaglie contro la fame nel mondo, per l'obie-zione di coscienza, per il divorzio, per il diritto all'aborto) e l'attuale lista Pannella, c'è ben poco in comune. I dirigenti dell'attuale lista Pannella si sono riciclati da fautori del socialismo a difen-sori del più intransigente liberismo economico; da democratici e filoreferendari che erano, sono ora berlusconiani e propugnatori del presidenzialismo e del maggioritario sul modello anglosasso-ne. Soprattutto a causa di tutto ciò noi, che, al di là delle singole differenze del nostro percorso personale e pol
itico, ci riteniamo ancora socialisti, libertari, antimilitaristi e non violenti, già da molti anni siamo usciti dal Partito Radicale. Ma l'ex compagno Marco ultimamente ha superato se stesso sulla strada del trasfor-mismo: lui, che con somma ipocrisia si definisce "gandhiano" (fino a pochi anni fa propagandava la rinuncia all'uso della vio-lenza e delle armi persino in caso di legittima difesa), con inaudita ferocia verbale difende e propugna ora la necessità dei bombarda-menti Nato sbandierati come umanitari sul territorio e sulle popo-lazioni civili della Serbia, del Kosovo, della Vojvodina e del Mon-tenegro. Che dire della candidata alla presidenza della Repubbli-ca Emma Bonino, tra i cui principi etico-politici proclamati fino a qualche mese fa faceva bella mostra di sè l'impegno per un "n-spetto stretto della Costituzione"? Riuscirebbe la Bonino, ove as-sumesse la massima carica dello Stàto, a far applicare il dettato costituzionale per il quale (art. 11 Cost.) "l'Italia ripudia la guerra come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali", lei che ora tace sullo stupro violento subito dalla nostra Legge Costi-tutiva più importante e più sacra, quella che qualifica uno stato di diritto, democratico e civile? O piuttosto, dall'alto del soglio pre-sidenziale non venderebbe al miglior offerente la sua fede "gan-dhiana" per far digerire all'opinione pubblica imbonita e bom-bardata dai massmedia e dai missili del regime finanziario globa-le la realpolitik dei potenti del mondo mediante spericolate acro-bazie verbali e giustificazionismi di ogni tipo, come ha imparato a far dal suo nume tutelare? La politica italiana degli anni Novanta ci ha resi avvezzi ai più spregiudicati trasformismi e tradimenti, ma quello di Pannella, Bonino & C. è, dal nostro punto di vista, tra tutti, il più spregevole e ributtante".