A me pare che il modo dell'azione radicale (per usare un aggettivo generico) sia piuttosto consolidato, e che siano prevedibili ed ovvie le reazioni "interne".
Oggi, ancora piu' di ieri, le decisioni sul cosa e sul come vengono prese in riunioni ristrette, su "ispirazione" del vertice politico.
Poi le decisioni riescono sempre ad avviarsi come iniziativa politica concreta. Perche' sempre ci sono militanti (e contribuenti) disponibili; alcuni dei "vecchi", ma ogni volta di nuovi, attirati dalla diversita' e dalla propria voglia di "rivoluzione".
Quindi si va dall'"ispirazione" direttamente all'esecuzione, senza passare per una discussione a piu' livelli.
Ed e' allora inevitabile che ad azione avviata giungano, dall'"interno", critiche, contestazioni, distinguo.
Tutto cio' potra' piacere o non piacere affatto, e' contemporaneamente forza e debolezza del movimento; e ciascuno puo' valutare dal proprio punto di vista i risultati. Soprattutto pero', credo sia stato finora un modo inevitabile, necessario, per un movimento fuori dal sistema dei partiti, costantemente biodegradabile e biodegradato, ispirato, direttamente o no, da un leader politico grande e diverso.
Ma le contestazioni, i dubbi, le critiche, dall'"interno", non possono essere liquidate semplicemente come posizioni ostili, di volta in volta, che so, "dalemiane" (virgolette) o filo-cattocomuniste o frutto di inerzia politico-mentale o non so cosa.
Sono semplicemente normali, sono le parole che verrebbero dette nelle varie assemblee di partito se il movimento fosse il partito che non e' e non puo' essere.
Questo, mi pare, fino ad oggi. Da oggi in poi, non so.