Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mar 08 lug. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Rivoluzione liberale
Caporale Cinzia - 16 maggio 1999
Il Sole-24 Ore
16 maggio 1999

QUELLO CHE VORREMMO DAL NUOVO COMITATO

di Cinzia Caporale

Francesco D'Agostino, dopo un mandato caratterizzato da un intenso impegno individuale e dal coraggio di esporsi sempre in prima persona, passa il testimone a Giovanni Berlinguer, presidente del nuovo Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), insediatosi il 22 di aprile. I quattro presidenti onorari e i trentasette membri nominati dalla Presidenza del Consiglio resteranno in carica per tre anni a meno che, nel frattempo, il Parlamento non riesca finalmente ad approvare un'auspicabile legge istitutiva che ridefinisca ruolo e compiti di un'istituzione così significativa e influente. La composizione del Comitato vede un aumento non trascurabile della componente femminile ma si segnala per la presenza di oltre un terzo di esperti sempre riconfermati fin dal 1990, quasi che la bioetica italiana non riesca ad esprimere personalità altrettanto autorevoli in grado di assicurare quel naturale ricambio che, particolarmente in questo settore, pare decisamente proficuo. Come sosteneva Popper, le istituzioni sono come l

e fortezze, funzionano solo se la guarnigione è buona, e il nuovo CNB parte senz'altro con le migliori premesse. La natura interdisciplinare della bioetica, tuttavia, e la necessità di superare le polemiche del passato, avrebbero forse richiesto una maggiore originalità nelle nomine - ancora una volta, ad esempio, mancano del tutto gli economisti-, e certo non sarebbe stato un eccesso di spregiudicatezza l'includere alcuni tra i maggiori bioeticisti italiani, magari esclusi solo perché non titolari di cattedre universitarie.

Indiscutibile è il maggiore equilibrio tra la componente laica e quella cattolica e, soprattutto, il pluralismo interno a queste due "comunità morali". Del resto, la società italiana presenta un maggior numero di appartenenze morali di quelle espresse dal semplicistico dualismo laici/cattolici, e la stessa pluralità delle comunità morali che "ufficialmente" partecipano al dibattito pubblico, è di per sé insufficiente a rappresentare i valori dei singoli individui. In una società secolarizzata, spesso le persone assumono dei comportamenti non conformi rispetto ai codici etici delle istituzioni confessionali e comunque difficilmente riconducibili ai principi espressi dagli "esperti". Lo scollamento tra moralità ufficiale e moralità praticata, e il diffuso pluralismo etico di singoli individui, dovrebbero suggerire al CNB di non perseguire a tutti i costi la via dell'accordo sui valori comuni, tanto più attraverso la compilazione di decaloghi di mediazione. La stessa funzione di "indicare soluzioni al Parlament

o e al Governo" dovrebbe essere svolta con parsimonia e limitarsi alle questioni attuali piuttosto che rivolgersi alle questioni fondamentali. Se, infatti, il ruolo del CNB dovesse effettivamente coincidere con lo scopo per il quale è stato istituito, e cioè orientare il Legislatore in merito a decisioni normative in campo bioetico, allora l'emissione di pareri troppo recisi e "vincolanti" in ambiti così importanti per la vita dei cittadini finirebbe per diventare un limite insopportabile per le libertà individuali e per la costruzione stessa di una società concretamente liberale e tollerante. In questo senso, l'impostazione di Berlinguer, teorico della bioetica del "quotidiano" contrapposta ad una bioetica di "frontiera" che privilegia i casi estremi, costituisce un'assicurazione importante. Come dichiarato al suo insediamento, il Comitato privilegerà problematiche meno "ideologiche" rispetto al passato e si concentrerà su due aspetti tanto decisivi quanto innovativi: formazione e informazione. Un CNB, dunq

ue, che si rivolge alla collettività, che stabilisce utili sinergie con i comitati etici periferici, che collabora più strettamente con i Ministeri competenti e con i suoi equivalenti internazionali, e che diventa più "accessibile" sia come linguaggio che come utilizzo di strumenti di comunicazione e capacità di diffusione del sapere bioetico: un approccio assai promettente che contribuirà non poco a "riformare" un comitato finora eccessivamente elitario e prescrittivo.

La questione, però, è forse più generale. La bioetica italiana si è sempre caratterizzata per il peso preponderante dato alla prospettiva filosofica. La filosofia, specialmente nella sua versione continentale che è quella prevalente in Italia rispetto a quella analitica prevalente nel mondo anglosassone, è la continua esplorazione dei fondamenti. Si tratta di un'attività senz'altro importante dal punto di vista intellettuale. Tuttavia, proprio l'ossessiva attenzione ai fondamenti potrebbe generare - e di fatto genera-, una paralisi nell'esame delle situazioni concrete. Dal momento che, per definizione, non sempre ci può essere un accordo sui fondamenti, la conseguenza inevitabile è che non si arriva mai a discutere dei problemi concreti poiché si ritiene che questi possano essere risolti solo quando si è trovato un accordo sui primi. Se è vero che la scienza si proietta verso il futuro e che la filosofia non dovrebbe corrispondere ad un elemento di paralisi, un Comitato di Bioetica eccessivamente "problemati

zzante" circa l'applicazione delle acquisizioni scientifiche finirebbe oggettivamente per esercitare una funzione di ritardo e non di propulsione. In questo senso, verrebbe giustamente percepito come elemento di conservazione e di censura rispetto al progresso. Non contribuirebbe a far comprendere le opportunità ed i possibili sviluppi, ma alimenterebbe le paure irrazionali e la diffidenza verso la scienza. Costituirebbe il problema e non la soluzione.

Per il CNB, svincolarsi dalla discussione sui massimi sistemi e ricevere finanziamenti dignitosi per poter svolgere un'adeguata attività di ricerca e di informazione, potrebbe costituire la chiave di volta per favorire la crescita bioetica di tutta la collettività. Come sosteneva Kant, non spetta alla ragione ma alla saggezza decidere quali, tra i tanti problemi dell'uomo, meritano di venire presi in considerazione. Sappia il Comitato operare le sue scelte sagge.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail