in cui, a mio modo di vedere, si esprimeva una critica nel non avere consideratotra i possibili temi di una campagna referendaria i tradizionali referendum
per i diritti civili.
In primo luogo vorrei osservare che, a mio parere, andrebbe più opportunamente
utilizzato il termine di diritti individuali o, meglio, di libertà individuali,
per marcare una differenza rispetto alla tradizione comunista, per la quale
sono le aggregazioni sociali a rivendicare i diritti (che comunque sono
concessi dallo Stato), mentre io credo alla pre-esistenza delle libertà dell'
individuo rispetto all' insorgenza dello Stato, che quindi non ha altro compito se non
quello di riconoscere tali libertà individuali e tutelarle (concetto dello Stato minimo).
A parte questa precisazione lessicale, io credo che la scelta di non proporre
tematiche sulle libertà individuali sia stata una scelta corretta, perchè ha posto
coloro i quali ci dicevano che, sì i temi economici erano giusti,
ma poi le tematiche scottantici alienavano il consenso dei "moderati", di fronte
alle loro responsabilità: ovvero che la presenza dei temi libertari era
un pretesto per non dover ammettere che loro contestavano in radice il metodo
referendario.
Penso che, laicamente, sia stato giusto credere alla loro buona fede e quindi
metterli alla prova proponendo un pacchetto referendario essenzialmente incentrato
sulle tematiche economiche.
Se una critica vi è da fare al gruppo dirigente, è semmai quella di non
essersi ancora resi conto della situazione.
A Treviso mi era sembrato di capire che non vi era alcuna intenzione di
fare una campagna referendaria come tutte le altre, ovvero da soli e basata
per l'ottanta per cento sui militanti ai tavoli. E l'idea di vendere i gioielli
di famiglia, ancorchè tardiva rispetto all'incombere dei tempi per la raccolta delle
firme, aveva una sua logica: ovvero quella di concentrare nei tre mesi
della raccolta firme un investimento in comunicazione dell' ordine di grandezza
di una cinquantina di miliardi, che avrebbe potuto consentire un utilizzo massiccio
da parte dei cittadini delle segreterie comunali e l'instaurare di relazioni
con altri soggetti che a loro volta avrebbero contribuito al buon esito dell' iniziativa in
tempi rapidissimi.
Ma la condizione necessaria per il successo, ovvero la disponibilità immediata o quasi
del ricavato della vendita, ad un mese di campagna non si è verificata se non in misura
di un decimo circa di quella che era la stima iniziale.
Da quel che ho capito la vendita di RR2 ha fruttato circa 7 miliardi che se ne sono
andati in campagna Emma for President e qualche pagina sui quotidiani.
Per usare un paragone storico, mi sembra che siamo commettendo lo stesso errore commesso
dal Comando supremo italiano nelle 48 ore successive alla rotta di Caporetto:
ovvero l'impiego delle riserve non concentrato, ma consumate a spizzichi per mantenere
delle linee successive che erano state superate dal corso degli eventi. Solo dopo
due giorni si ammise la sconfitta e si diede l'ordine di ripiegamento al Piave.
Fuor di metafora, mi sembra che l'impiego di risorse economiche che ancora non
sono disponibili, è assolutamente inadeguato a ciò che sarebbe necessario per
raddrizzare le sorti della battaglia. Non solo, ma l'impiego diluito di ciò che si ha
non porta altro che un suo lento consumo.
A questo punto credo che sarebbe necessario fare una riflessione amara, ma necessaria.
Con metodi violenti, sporchi, antidemocratici, infami e tutto quello che volete voi,
ma ci hanno battuto: hanno vinto loro e non ammetterlo è irresponsabile, perchè porta
al consumo di risorse economiche e di militanza che dovrebbero essere preservate.
A questo punto anche se domani vendessimo tutto, sarebbe ragionevole pensare di
cambiare le cose? Se tra un mese vendessimo tutto ci troveremmo con 50 miliardi in
tasca cosa ne faremmo?
La scorsa settimana avevo posto una simile domanda per e-mail durante il filo diretto
di Emma: mi hanno detto che a questa domanda non fu data risposta. La cosa
mi sembra grave perchè, forse, il problema posto era serio e non si sapeva ancora
come affrontarlo.
In conclusione quello che ci resta da fare in questo momento, sarebbe di porre un
termine entro il quale vendere (the shorter the better) e concerntrare ogni risorsa
sulla campagna per le europee, sperando che le previsioni dei sondaggi vengano
confermate.
A meno che la mia sensazione sia sbagliata i numeri di cui sento parlare sono sconfortanti;
per carità di patria mi asterrò da fare commenti sul triveneto.
Purtroppo i referendum nel duemila si terranno comunque anche se non saranno i nostri
(c'è quello legaiol-fascista sull' immigrazione).
Ancora una volta non prendere atto della sconfitta mi sembrerebbe irresponsabile o donchischottesco.
Scusate lo sfogo: spero che qualcuno possa trovare qualche motivo di ottimismo che
mi era sfuggito