di Angiolo Bandinelli(da "L'Opinione" del 15 giugno 1999)
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Vi stupirete, se diciamo che quella della Lista Bonino è una vittoria annunciata? Ma noi lo diciamo, e l'affermazione non è né agiografica né azzardata. Non sempre, un evento "annunciato" è un evento "prevedibile", e dunque scontato quando arriva a realizzarsi. Può trattarsi invece, per esempio, di un evento maturato lentamente nel tempo, attraverso un lavorio sotterraneo e tenace che ne ha costruito le possibilità, ne ha valorizzato le più esili "chances" portandole a coagularsi e, finalmente, a vedere la luce. Anche un frutto che giunge a maturazione è "annunciato", ma dall'impollinazione del fiore al raccolto ci vorranno fatiche pazienti e mesi di attesa, passati a curarlo e ad allontanare parassiti e malanni che possano vanificare l'"annuncio". Insomma - per proseguire con l'immagine del frutto - vogliamo dire che la vittoria della Lista Bonino è figlia della durata, ha come matrice la "costanza dell'attenzione": una forma specifica dell'intelligenza, la più perspicua anche se forse la più rara. Nulla
di facile, nulla di scontato in questa sua vittoria, anche se - ripetiamo - "annunciata".
La vediamo, noi, come la vittoria di una forza politica che ha perseguito (con la costanza dell'attenzione appunto) un suo progetto - dettato da una lunga riflessione sulla storia del paese e del nostro tempo - misurando ogni suo passo non sulla frenesia dell'immediato successo ma sulla fedeltà a queste convinzioni e dalla volontà tenace di realizzarle. Essa ha via via letto e interpretato l'attualità, nelle diverse forme in cui ha dovuto affrontarla, senza mai deflettere da sé stessa, dal progetto accarezzato. Oggi, dopo una lunga e difficile attesa, per uno straordinario confluire di eventi, questo comincia ad assumere una forma solida e visibile, a riscuotere un consenso non simbolico ma di grosso spessore.
Sì, la Lista Bonino non è che l'ultima (per ora, sperabilmente) incarnazione di un movimento politico che da quaranta anni persegue e insegue un preciso disegno, cercando via via, con le sue iniziative, le battaglie, le vittorie ma anche le sconfitte, di realizzarlo, persuasa come è che il successo significherebbe un cambiamento di portata storica per il paese: essa è l'ultima (per ora, ripetiamo) incarnazione del movimento che a sua volta, negli anni sessanta, fece suo il messaggio di figure come Ernesto Rossi e i fratelli Rosselli, di Einaudi, di Pannunzio, di Guido Calogero, di quanti insomma ritennero che la caduta del fascismo dovesse portare al paese non solo il ripristino della democrazia ma anche l'avvento di una cultura, di una politica, di una prassi, di istituzioni liberali. Nessuna di quelle grandi personalità riuscì a raccogliere attorno a sé un consenso adeguato. Nessuna di esse aveva forse la capacità e la stoffa dell'uomo politico a misura del nostro tempo. Solo la vittoria referendaria sul
divorzio del 1974, quando una grande maggioranza di libertà scosse il paese, lasciò emergere il profilo di una alternativa liberale al consociativismo clericale-socialcomunista erede del monopartitismo fascista. Fu una speranza di breve durata. Queste forze si richiusero sulla vittoria e ne dispersero al vento anche il ricordo.
Da allora, il movimento radicale ha condotto battaglie, nelle istituzioni e per via parlamentare, o nelle piazze con i referendum, che hanno conseguito vittorie di enorme portata (anche quando vennero lette come sconfitte). Ma mai esso (e quindi nemmeno la Lista Bonino di oggi) si è illuso di poter rovesciare una situazione così profondamente avversa incamminandosi su facili scorciatoie. Infinite volte Pannella è stato rimproverato, anche da ex radicali, di non voler far coagulare attorno a sé un "partito" nelle sue forme tradizionali e consuete. Ed è stato inutile replicare loro che tale scelta avrebbe avuto risultati negativi o perversi, in quanto non vi erano le condizioni perché un partito di quel tipo potesse nascere con qualche possibilità di successo. Mancava la "massa critica", quella che consolida e incardina in modo significativo un partito nel tessuto sociale. Inutile è stato, per lustri, cercare di far comprendere ai formalisti della politica, ai sottili "politologi", che molto più efficace era l
a scelta di tenere in vita una banda di partigiani, costruita per sconvolgere, a colpi di mano, di scorrerie, di assalti all'arma bianca le difese degli avversari, impedendo loro di consolidare la presa sul paese, mettendoli in difficoltà, tagliando loro le riserve, la credibilità, l'appoggio del maggior numero di cittadini, e nel contempo evitando di farsi intrappolare. La scelta si è puntualmente dimostrata valida, ottenendo successi oltre ogni speranza. Troppe volte, invece, quanti hanno cercato di forzare la mano a Pannella, perché la smettesse con la guerriglia partigiana e si installasse nelle istituzioni secondo le loro forme e i loro riti attuali, sono rimasti impigliati, loro, nella tela di ragno e non ne sono più usciti. Potremmo fare molti nomi, non li facciamo per carità di patria.
E' finalmente possibile, dopo questa vittoria, prefigurare per i radicali scelte almeno in parte diverse? Certo, forse è stata raggiunta una "massa critica" di consenso adeguata ad un partito più "tradizionale". Ma, attenzione. Ogni scelta, per carità, sarebbe di per sé attendibile e valida: purché non sia tale da distruggere quanto è stato creato, e faccia anzi avvicinare gli obbiettivi su cui storicamente si giustifica la presenza del movimento radicale. Tali obiettivi sono stati ribaditi proprio in queste ore. Oggi, infatti, è possibile, grazie al confluire di condizioni di vario genere, pensare di realizzare la grande "rivoluzione liberale" sognata dagli Einaudi, dai Pannunzio, dai Rossi. Per farla scoppiare sono state approntate le prime, indispensabili armi: il pacchetto referendario. Barattarlo con la lusinga di un partito più tradizionale, tutto parlamentare, tutto dentro il Palazzo, potrebbe essere rischioso e, ancora una volta, illusorio. Auguriamo al movimento radicale, alla Lista Pannella, a Pan
nella stesso, ad Emma Bonino, ai suoi neoeletti a Bruxelles e ai militanti, di scegliere bene, di essere all'altezza della loro storia, delle nostre speranze, delle necessità del paese.