Di Ferdinando Adornato
Da Liberal del 24/6/1999
Il piu' grande errore che ora Emma Bonino (e con lei Marco Pannella) potrebbe fare e' quello di interpretare il grande consenso ricevuto come fosse soltanto il meritato riconoscimento a una "cocciuta pattuglia di visionari". Le numerosissime adesioni maturate nelle urne, soprattutto da parte di un pubblico giovanile, hanno infatti solo relativamente a che fare con la "passione radicale" degli anni Settanta, con le stagioni del divorzio e dell'aborto, con le pur suggestive, e anche vittoriose, battaglie d'opposizione alla prima Repubblica. AI contrario: il voto a Emma Bonino e' un voto di governo. Nasce dalla sua esperienza europea, dalla sua dimostrata capacita' di fare, di assumersi responsabilita', di ragionare con la propria testa. Quel voto nasce dal governo e chiede governo: in un Paese nel quale ancora si lamenta, e a ragione, la pochezza della classe dirigente. Quel voto, insomma, esprimendo una speranza, pretende una svolta dagli stessi suoi destinatari. Il passaggio da una logica di "minoranza per
manente", per quanto lungimirante, ad una logica di "maggioranza tendenziale". Ne saranno capaci?
Cio' significa che si possono proporre anche cento referendum: ma che non si puo' recintare la propria identita' esclusivamente nella "strategia referendaria". Cio' significa che non basta recitare la formula "ne' con la maggioranza, ne' con l'opposizione", perseguendo uno splendido isolamento, ma che bisogna trovare il modo di agire presso entrambi gli schieramenti i contenuti della "rivoluzione liberale" per ottenere, dagli uni o dagli altri, precisi impegni riformatori. Piu' chiaramente: bisogna far pesare attivamente il proprio "coalition power" sapendo che, sia il centrodestra che il centrosinistra, avranno bisogno, per vincere le prossime politiche, dei voti della Bonino.
Cio' significa far politica a 360 gradi, cercando il dialogo con tutti, abbandonando non gia' la coerenza dei propri principi, ma lo "spirito di barricata" proprio del vecchio radicalismo. Tale "svolta" potrebbe essere significativa soprattutto nei confronti del mondo cattolico che vive Bonino e company esattamente come la "cocciuta pattuglia di visionari" anticlericali.
In definitiva l'"azione radicale" dovrebbe trasformarsi in un'azione "liberale di massa" corrispondendo all'ampiezza dei suffragi, per la prima volta, ricevuti.
Probabilmente la via migliore e' proprio quella di ripetere la felice esperienza di "Emma for president" e di candidarsi, ancora una volta in modo trasparente, al governo del Paese. Delle due l'una, infatti: la campagna puo' vincere e uno dei due schieramenti (Antonio Martino gia' lo propone in queste pagine al Polo) puo' accettare di farla propria. Oppure, in caso contrario, il programma di governo della Bonino potra' diventare il vero terreno di sfida, sui contenuti, per decidere da quale parte stare alle politiche. Dalla parte di chi, cioe', mostrera' di recepirlo in modo piu' convincente. E solo un'idea che, per altro, la Bonino sembra aver gia' recepito. Quel che e' certo e' che l'Italia con il voto ha chiesto che la "rivoluzione liberale" non resti solo una chiacchiera acchiappa voti ne' pura protesta. Ma diventi governo.
(chiedo scusa per probabili errori)