Da Sette del Corriere della Sera (pag. 43), giovedì 24 giugno 1999
Di Stefano Jesurum
Ricordi sbiaditi, lontani. Un bugigattolo in via Zecca Vecchia, a Milano. Secoli fa. Una giovane Bonino, magra e scavata come lo può essere solo chi lavora 24 ore al giorno, parta di libertà individuali, di scelte, alla lontana di politica. Ne parla con quella sua cadenza radical-piemontese che ha mantenuto. Ci crede fino in fondo, e apre una breccia di verità perfino in chi ha fatto dell'ideologia "gruppettara" una bandiera. Ci "insegna" molto, senza l'aria della maestrina. Un piccolo varco verso la consapevolezza che il mondo non è fatto di buoni e cattivi, compagni e fascisti, ma di persone, uomini e donne. Dopo, la delusione (non la sorpresa) di vederla "dall'altra parte", con Berlusconi & C., fra chi si batte contro tutto ciò che piace al "popolo della sinistra". Che avesse ragione o torto, in fondo, poco importa. Rimane l'amaro di un mito caduto, una piccola-grande sofferenza.
Ma Emma non ha paraocchi, non può smettere di stupire. Ed eccola volare di nuovo alto, da commissario Ue, nella corsa al Quirinale. Con quell'aria tosta e fragile e quella benedetta testa che fatica a schierarsi perché l'importante è "fare". Il mistero Bonino è tutto qui, nel ricordo di quella stanzetta in via Zecca Vecchia, a parlare, da liberale, con l'eloquenza del cuore, a ragazzotti e ragazzotte arrivati da un corteo in cui s'inneggiava a Lenin e Stalin.
Cara Bonino, hai dato gioie e dolori. Non resta che attendere le tue prossime mosse. Per capire se continueremo (o no) a serbare un tenero ricordo di via Zecca Vecchia.