"Cari 'liberal', meno consigli e più progetti politici
di Angiolo Bandinelli
(redazione originale)
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Rompendo gli indugi, e portando al fuoco dello scontro politico il capitale appena guadagnato, Marco Pannella ha dettato le condizioni per una indicazione a sostegno dell'uno o dell'altro dei due candidati in ballottaggio per la carica di sindaco di Bologna: i voti della Lista Bonino potrebbero confluire su quello dei due che si recherà solennemente in Comune a firmare per i 22 referendum e, "nella polemica tra radicali e Prodi", si schiererà senza indugi per "Emma a Bruxelles".
Si chiarisce così il significato di quella affermazione, "stare all'opposizione della maggioranza e all'opposizione dell'opposizione", che tanti ha scandalizzato, compreso Antonio Martino. Pannella, e la Bonino, ci dicono che loro "stanno" con il loro programma, che ritengono (con flessibilità e senza pregiudiziali verso ogni valida rimodulazione) indispensabile, e perfino urgente. Un programma espressione, ancora una volta, della vocazione minoritaria di una "cocciuta pattuglia di visionari", come la stessa Emma li definì un giorno? Ma no. Si rilegga finalmente in un'ottica lucidamente liberale la storia del loro movimento. Tutto è già limpidamente scritto fin dalla campagna per il divorzio. Che fu, sì, promossa per assicurare al paese un "diritto civile" ma fu anche, visibilmente, il primo tentativo di costruire una forza liberale capace di giocare un ruolo attivo sullo scenario italiano, riscattando mezzo secolo ed oltre di sconfitte e di ripudi.
Il partito non nacque allora perché la situazione politica, culturale, sociale del Paese, appesantito dalla eredità fascista e stretto nella morsa ferrea del monopartitismo imperfetto PCI/DC,. non lo consentiva. Da allora i radicali hanno avuto chiaro che una rivoluzione liberale, in Italia, non si fa con una vittoria, per quanto clamorosa. Ma neanche con i bei programmi o con la bella saggistica: per provarci occorrono piuttosto la costanza dell'attenzione e l'intelligenza della durata. Per oltre trent'anni, Pannella e i suoi hanno lavorato all'obiettivo, metodicamente cercando di indebolire l'avversario infliggendogli continue, pesanti perdite, e senza lasciarsi intrappolare nelle lusinghe in cui sono invece caduti quanti hanno sperato di poter seguire la scorciatoia parlamentaristica, dando vita all'ennesima "terza forza". Sicuramente hanno commesso errori e sanno anche di aver perduto molte occasioni. Però non si deve dire, lo consenta Pasquino, che Pannella ha "qualche volta" vinto (magari utilizzando l
e occasioni incontrate, come la "Emma for President", da lui sviluppata in una campagna di ben più forte spessore) ma che questi altri hanno sempre perso.
I consigli sono preziosi, anche a un Pannella. Ma non sarebbe più proficuo, per tutti, pensare a quali consigli dare all'intera area liberale (o "liberal", se così piace) perché arricchisca, sviluppi, magari salvi (contro Pannella) il patrimonio pannelliano? Questo è il cammino da percorrere per non restare nella sfera, nobile ma politicamente vuota, dei consiglieri aulici. E se a questo compito (difficilissimo) ci si volgesse, subito apparirebbe che una politica dei "diritti civili" - la più efficace, a dire di Pasquino, per consolidare il nuovo elettorato boniniano - è ormai consumata: almeno nella sua accezione di ieri, quella delle campagne, diciamo così, "sovrastrutturali". Oggi, non c'è nessuno che lo contesti, il problema che incombe, che dovrebbe ossessionare, è piuttosto come liberare e organizzare le risorse per assicurare all'Italia, restando nei parametri di Maastricht, una efficace presenza nella ineluttabile competizione del mercato globale. Da qui occorre partire, di questo bisogna farsi car
ico, anche per dare nuova linfa ad una politica di diritti civili non rivolta nostalgicamente al passato. Occorre insomma un programma mirato a far crescere il sistema economico. Possibilmente, un programma "a 360 gradi", sempre per usare una espressione di Adornato; insomma, un programma di governo. O c'è chi può credere che basti mettere una toppa qui e una là sperando persino che, una volta ottenuto il posto in un cantiere dei lavori socialmente utili, il disoccupato torni quietamente all'ovile della sinistra, o all'obbedienza sindacale? Amato, ministro di un governo di centrosinistra, ha detto che occorre imitare l'esempio di Aznar, capo di un governo di destra; piaccia o no ad Amato, questo significa avviare (con chi ci sta) un confronto politico per definire l'identità del "blocco sociale" portatore della cultura nuova e delle forme organizzative nuove che la modernizzazione richiede, spezzando senza riguardi incrostazioni, obbedienze e conformismi. Se si è d'accordo (ma come potrebbe un liberale non e
sserlo?) allora i contenuti referendari, insiste Pannella, sono il programma di governo indispensabile.
Non piace la formula referendaria? Bene, c'è chi può presentarne un'altra più efficace? Si faccia avanti, si organizzi e ci chiami ad organizzarci attorno ai necessari strumenti politici, convincenti anche per i giovani che oggi si scopre hanno votato per la Bonino. Faccia, insomma, politica, nel quotidiano e con il sacrificio delle vecchie certezze e sicurezze, inutili ed anzi pericolose. Liberali e "liberals" quali siamo, ma certo anche Pannella, tutti abbiamo bisogno di questo arricchimento.
Infine: è persino offensivo, nei confronti della leader radicale, chiedere a Pannella di "lasciare libera" la Bonino. Emma, Marco, con militanti e collaboratori, hanno in questi mesi dato vita (sia consentito dirlo a chi vi ha assistito e, un po', anche partecipato) a un dibattito acceso, frenetico, estenuante, durissimo, fin quasi allo scontro politico. Le decisioni assunte sono state insomma, come sempre nella storia radicale, il frutto di una riflessione ad altissimo livello, quale non riesco a vedere in altre formazioni o gruppi. Dunque, se Bonino è e sarà sempre Bonino e Pannella non può non essere che Pannella, il loro è stato un percorso comune, lungo e difficile e a volte anche - per quanto e quanti ha dovuto abbandonare lungo la strada - doloroso. Ha ottenuto la vittoria di questi giorni nutrendo la durata dell'attesa con la speranza, ma anche con una ragionevole fiducia nei propri mezzi e calcoli. Alla fine, come altre volte (neppure tanto poche!) l'ha conquistata, o ne è stato conquistato. Ma que
sto è, anche se la corrente politologia non ne vuol sapere o forse non riesce a leggerlo e a decifrarlo, un metodo politico: mentre intorno, anche da liberali rispettati e amati, non arrivano che consigli.