Dichiarazione del Sen. Antonio Di Pietro:
Roma, 2 luglio 1999
"La decisione è stata presa dagli organi legittimi e legittimati a farlo. Quella di Mario Monti è la riconferma di una persona che ha fatto il suo dovere. Resta l'amarezza in bocca di chi ha visto lavorare in tutti questi anni Emma Bonino e di chi, come me, avrebbe voluto vederla riconfermata a continuare il suo lavoro". "Quando si devono fare delle valutazioni - prosegue Di Pietro - si devono esaminare innanzitutto i curriculum e il fatto che questi siano corrispondenti alle esigenze richieste. In Italia, dal piccolo comune al Parlamento Europeo, si continua a scegliere per quote. E una tecnica legittima, ma che non mi convince. A me convince di più la tecnica della meritocrazia. Quando ho detto che con il cuore avrei voluto la Bonino al Quirinale e quando ne ho chiesto la riconferma alla Commissione, non l'ho detto perché radicale, o perché donna o perché con i capelli castani, l'ho detto perché ho visto quello che ha fatto in questi anni e mi sembrava, e mi sembra, che abbia fatto bene il suo mestiere.
Bisogna cambiare le regole e, siccome i parlamentari sono dominati da una logica partitocratica e quindi non cambieranno mai le regole, bisogna rimettere in moto la stagione referendaria". "Io ho sostenuto e sostengo i referendum della Lista Bonino - ha proseguito il Sen. Di Pietro che è infatti membro del Comitato d'Onore dei Referendum della Lista Bonino -, anche se alcuni di essi non mi convincono affatto, e, quando andrò a votare, voterò no. Ciò però non vuol dire che i referendum non si debbano fare: ecco perché dico che, prima di andare in ferie, se i radicali e AN raccolgono le firme, io non solo vado a firmare, ma sono a disposizione per contribuire alla raccolta delle firme. Oggi come oggi, c'è un solo modo per non morire d'attesa: quello di ricominciare a ritornare fra i cittadini nelle piazze, con una stagione referendaria. Ai molti che continuano a dire che il referendum è stato ucciso proprio da Pannella perché ne ha proposti troppi dico che se avessero fatto le riforme prima, non ce ne sarebbe
stato bisogno dopo".