Monti e il caso Bonino
di Antonio Martino
La conferma di Mario Monti a commissario europeo mi ha riportato al 1994 quand'ero ministro degli Esteri, regalandomi due motivi dl soddisfazione, un'amarezza ed una preoccupazione. Il primo motivo di soddisfazione è rappresentato dalla conferma della bontà della nostra scelta: quando nel 1994 indicammo Monti e la Bonino come commissari europei venimmo bersagliati dalle proteste e dalle geremiadi delle Sinistre. Oggi tutti riconoscono che si è trattato di una scelta eccezionalmente felice; a parere unanime degli osservatori italiani ed europei, Emma Bonino e Mario Monti sono stati i migliori commissari europei che l'Italia abbia mai avuto e dl gran lunga i più ammirati membri di una commissione, peraltro costretta alle dimissioni. Ci hanno messo cinque anni ma, finalmente, persino le Sinistre hanno dovuto ricono-scere che avevamo visto giusto. Il secondo motivo di soddisfazione è rappresentato dal fatto che il criterio che nel 1994 le Sinistre reclamavano per la designazione dei commissari - che cioè uno dov
esse andare al-la maggioranza, l'altro all'opposizione - è stato abbandonato non solo dall'Italia, ma anche da altri Paesi. Il criterio da me suggerito - che si dovessero scegliere due persone di alto valore in grado di riscuotere la simpatia e la fiducia della massima parte del Parlamento e dell'opinione pubblica - anche se non è stato adottato, si dimostra alla luce degli avvenimenti di gran lunga preferibile rispetto quello della lottizzazione dei commissari. E non rileva che le Sinistre abbiano rinunciato a1la designazione di un candidato di maggioranza ed uno di opposizione solo per ragioni di evidente, spudorata faziosità. Il fatto è che io, accusato di antieuropeismo da D'Alema e da Prodi, indicai In concreto la soluzione più coerente con gli ideali europeisti. Mi aspetto, senza molte speranze, che, prima o poi, gli europarolai di sinistra finiscano col riconoscerlo
L'amarezza è determinata dalla faziosità con cui il governo D'Alema, per sbarazzarsi di Prodi, divenuto ingombrante nella politica interna, ha escluso la Bonino dalla commissione e vi ha regalato un presidente designato assolutamente indecente. Emma Bonino è stata la migliore. Escluderla per fare posto a Prodi è. doppiamente ingiusto, sia perché priva la commissione di un commissario unanimemente giudicato esemplare, sia perché affida la presidenza ad una persona manifesta-mente inidonea a quel compito. Tanto per citare un solo dato: le esternazioni di Prodi di qualche giorno fa, che hanno provocato il repentino calo dell'euro, dimostrano non solo che egli non ha la più pallida idea delle responsabilità che la sua carica impone - a differenza del comuni cittadini che hanno il diritto di dire quello che pensano, il presidente della commissione europea ha il dovere di pensare a ciò che dice - ma anche che non è un vero europeista. La sua puerile asserzione - secondo cui in Italia tutto andava bene quando lui e
ra presidente del Consiglio, tutto va male ora che a quel posto c'è D'Alema - dimostra che, anzitutto, egli si preoccupa più delle polemiche di politica interna che non dell'Europa. In secondo luogo, Prodi dovrebbe sapere bene che non è vero quanto da lui sostenuto:
non esiste nei trattati europei la possibilità che un Paese possa essere espulso dall'unione monetaria, una volta che sia stato ammesso. La sua quindi era una affermazione falsa nella sostanza e scioccamente faziosa nella forma, che conferma quanto infelice sia stata la decisione di D'Alema di designarlo alla presidenza della commissione europea.
Il motivo di preoccupazione è rappresentato dal progetto di armonizzazione fiscale promosso dal mio amico Monti. Intendiamoci: sono il principale responsabile della sua nomina a commissario, e resto orgoglioso di averne suggerito il nome e di essermi adoperato a lungo per convincerlo ad accettare la carica. E' un economista serio e competente. che conosco da un numero indecoroso di anni e che ha meritato la reputazione di cui gode. Questo, tuttavia, non significa che io condivida sempre le sue idee. Il suo progetto di armonizzazione fiscale è pericolosissimo, come gli è stato ampiamente spiegato, fra gli altri, dal Wall Street Journal. che all'argomento ha dedicato un'intera pagina (29 luglio 1998), con interventi di economisti di tutto il mondo, fra cui un paio di vincitori del premio Nobel per l'economia, oltre a chi scrive. Quel progetto, fra l'altro, comporta un aumento della tassazione degli investimenti in Europa che, oltre ad avere carattere recessivo (se si investe di meno, il tasso di sviluppo e le
speranze di creare occupazione si riducono), potrebbe innescare una spinta alla fuga di capitali dall'Europa con conseguente potenzialmente devastanti perla stabilità monetaria. Ma speriamo che Monti cambi idea.
Tornando ai nostri sinistri, l'intera vicenda dimostra la vacuità del loro conclamato europeismo, ma questo non dovrebbe stupire. Le Sinistre italiane sono state storicamente avverse per molti decenni all'idea di Europa (i comunisti votarono contro i Trattati di Roma ed i socialisti si astennero). Avendo cambiato idea, con il tipico eccesso di zelo del neofita, si sono dati a sbandierare un europeismo assolutamente immaginario, arrivando persino a sentirsi autorizzati ad attribuire o negare patenti di europeismo a destra ed a manca. Non senza un certo divertimento, mi sono sentito accusare di antieuropeismo dai nipotini di Togliatti, evidentemente convinti di dimostrare così la loro superiore fede nell'Europa. I fatti mi stanno rendendo giustizia.