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Conferenza Rivoluzione liberale
Vernaglione Piero - 5 luglio 1999
Ben ci sta. Ce la siamo meritata la rispostaccia sprezzante di Scalfari sulla "Repubblica" di oggi. Così impariamo a praticare la "captatio benevolentiae" nei confronti di persone che, esplicitamente o segretamente, ti considerano, se va bene, un avversario da sconfiggere, e, nella peggiore delle ipotesi, un nemico da distruggere. Alcuni mesi fa Grippo aveva giustamente osservato che, spesso, un'intervista compiacente a Radio Radicale, una mezza frase di pseudoapertura nei nostri confronti, è sufficiente per esaltare oltremisura i meriti dell'autore, che viene valorizzato politicamente e su cui si investe come un possibile alleato. Il metodo del "fare fiducia" di Pannella mi ha sempre molto intrigato, perché denota un atteggiamento mentalmente aperto e privo di pregiudizi. Tuttavia quando è evidente che la cultura e le convinzioni dell'interlocutore non consentono un percorso comune, si dovrebbero evitare forzature. Temo che con Scalfari sia stata compiuta un'operazione simile. Un certo contraddittorio
interesse che "Repubblica" negli ultimi tempi ha manifestato nei confronti del soggetto radicale, ha forse spinto Pannella e/o Bonino ad un'apertura di credito tradottasi nell'inserimento di Scalfari fra i padri culturali del radicalismo. Personalmente disprezzo Scalfari tanto quanto lui disprezza noi, non gli riconosco nessuna autorità intellettuale, non lo considero un esponente del liberalismo che piace a me, bensì un furbo e arrogante interprete di una tradizione brutalmente elitaria, corresponsabile di quella indecente operazione culturale e semantica che è stata la rapina del termine liberale, per offrirlo in ostaggio ai "liberal".

Più in generale, posso capire sul piano dialettico e (nobilmente) propagandistico il costante richiamo a figure del passato, tuttavia non mi convince appieno. Il riferimento a personalità come Rossi, Pannunzio, La Malfa ecc., che in quel contesto storico hanno probabilmente rappresentato istanze di innovazione e di modernizzazione, rischia di opacizzare alcune posizioni che oggi necessitano di grande nettezza. La grande intuizione di Pannella a mio avviso è avvenuta nel 1993, quando, contrastando il senso comune e il "politicamente corretto", assunse la libertà economica come una componente importante della libertà tout court, sempre intesa "ex negativo", secondo la tradizione liberale e libertaria. Della coerenza di tale operazione vi era allora consapevolezza solo in poche avanguardie del pensiero libertario di matrice anglosassone, mentre la vulgata politico-culturale prevalente continuava a riproporre la vecchia coppia interpretativa "mercato associato a valori tradizionali" da una parte contro "libe

rtà civili più istanze redistributive" dall'altra. Ritengo dunque non azzardato affermare che le personalità di riferimento debbano essere quelle che hanno dato vita a questo nuovo e originale mix, cioè Pannella stesso (e lo dice uno che non apprezza molto il culto della personalità o le certezze di infallibilità che una certa militanza radicale coltiva nei confronti di Marco) e i dirigenti che hanno condiviso e condividono quell'operazione. A rischio di apparire presuntuosi, si rivendichi pienamente la primazia su quell'orizzonte politico-culturale che si è riusciti ad aprire in Italia. Secondo me, fra dieci-quindici anni, quando la giustapposizione mercato - libertà civili, oggi ancora spiazzante, sarà stata introiettata da settori via via più larghi dell'opinione pubblica, ci si renderà conto ancora di più dell'importanza e del valore di quell'intuizione.

 
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