| Conferenza Rivoluzione liberale |
| Vernaglione Piero
- 31 luglio 1999
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| Ho una perplessità tecnica a proposito del referendum sul servizio sanitario nazionale. Il quesito chiede di abrogare parti di due commi della legge n. 833 del 1978 e la parola "integrativi" nei commi dell'articolo 9 del Decreto legislativo n. 502 del 30-12-1992. Lo scopo è quello di eliminare l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario pubblico e consentire così l'iscrizione ad un'assicurazione privata. Chi sceglie l'assicurazione privata non dovrebbe più contribuire finanziariamente al fondo sanitario pubblico. O qui che mi vengono i dubbi. Mi sembra di ricordare (ma poiché non riesco a trovare il provvedimento, non lo affermo con certezza assoluta) che circa un anno fa la quota per la sanità pubblica è stata inserita nella fiscalità generale; dunque sono scomparsi i contributi, che erano pari al 9,6% dello stipendio lordo, a carico in parte del lavoratore e in parte del datore di lavoro. Se è così, non è possibile individuare la somma che il lavoratore non dovrebbe versare più in caso di iscrizione ad u |
| n'assicurazione privata. La parte di imposta destinata alla sanità pubblica è contenuta nel calderone generale delle imposte, e non è più individuabile. In sostanza, se un individuo decide di rivolgersi ad un'assicurazione privata, continua a pagare tramite le imposte la sanità pubblica. Ma questo è un disincentivo alla stipula di assicurazioni private, perché la somma spesa non è sostitutiva della somma pagata per la sanità pubblica. Per metterci una toppa, dopo l'eventuale vittoria del referendum, bisognerebbe chiedere al parlamento di intervenire in modo che dalle imposte sia tolta una quota pari al 9,6% dello stipendio, coincidente con la somma dei (precedenti) contributi. Naturalmente, se ricordo male, cioè se il provvedimento di fiscalizzazione degli oneri sanitari non è stato mai approvato, ritiro tutto. Comunque, Benede', dagli un'occhiata. |
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