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Conferenza Rivoluzione liberale
Poretti Donatella - 2 agosto 1999
UNA RISCOPERTA ASSAI LIBERTARIA
Pannella, Bonino e le tesi di Ernesto Rossi

da IL CORRIERE DELLA SERA, domenica 1 agosto 1999

di Angelo Panebianco

Se questo Paese non avesse a un certo punto deciso di fare a meno della memoria storica, se non presumesse erroneamente che la storia passata non sia importante per capire i problemi di oggi, molti nostri dibattiti pubblici non sarebbero cosi' confusi e cosi' contenutisticamente sciatti come sono. Lo si vede bene anche nel caso delle discussioni innescate dal successo della Lista Bonino alle europee e dell'attuale, forse dirompente, iniziativa radicale dei venti referendum. Mancando memoria storica e conoscenza del passato i piu' si orientano poco e male, approvano o contrastano le scelte di Pannella e di Bonino ma, spesso, mostrando scarsa conoscenza delle coordinate politiche e culturali entro cui tali scelte andrebbero inquadrate.

Quale che sia l'opinione, a favore o contro, che, del tutto legittimamente, ciascuno puo' avere a proposito di tale iniziativa politica, del suo metodo (i tanti referendum) e dei suoi contenuti (liberal-liberisti), puo' servire alla chiarezza ricostruirne l'origine e riassumere le caratteristiche della cultura politica di cui sono espressione.

Sbaglia, secondo me, Massimo Riva quando (su Repubblica del 29 luglio) afferma che i venti referendum sono nient'altro che un'accozzaglia di temi, messi insieme alla rinfusa, per una estemporanea operazione di marketing politico. Non e' cosi'. Scorrendo la lista dei referendum quello che se ne ricava e' invece un quadro complessivo, piuttosto coerente, nel quale si riflette una tradizione politico-culturale che, pur minoritaria da sempre nel Paese, viene alquanto da lontano. Una tradizione e una storia che, pero', hanno subito nel corso del tempo, come tutte le tradizioni e tutte le storie, alcune cesure.

Gia' alcuni anni fa, nei primi Anni Novanta, prima dunque dell'exploit elettorale della Lista Bonino, i radicali avevano (ri)scoperto i temi del liberismo economico e avevano cominciato a farne oggetto di battaglia politica. Si tratto' allora, effettivamente, di una novita' per il partito di Pannella quello dei diritti civili degli Anni Sessanta, Settanta e Ottanta, ma non di una cesura con la passata storia radicale. Piuttosto, fu una sorta di ritorno alle origini. Va infatti ricordato che il padre storico (tale lo ha sempre considerato anche Pannella) del radicalismo pannelliano, Ernesto Rossi, era appunto un liberista. Rossi si definiva allievo, in politica, di Gaetano Salvemini e, in economia, del liberista Luigi Einaudi. L'etichetta, alquanto semplicistica, con cui sempre lo si defini' ("liberale di sinistra") non rese mai davvero giustizia alle sue posizioni economiche.

Nella versione di Pannella, il liberismo economico di Rossi venne messo in sordina per tutti gli Anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Frutto di una diversa sensibilita' che prediligeva le liberta' civili (come il divorzio) e le liberta' politiche, frutto anche di un disinteresse personale del Pannella di allora per i problemi dell'economia (che, sospetto, lo hanno sempre alquanto annoiato), il Partito radicale di Pannella fece per tutto quel periodo battaglie su una vasta gamma di temi di liberta', ma tenendosi per lo piu' alla larga dalle questioni del mercato e delle liberta' economiche.

Negli anni Novanta la svolta e, con essa, appunto, il ritorno alle origini. In questo modo, e pur conservando le specificita' della sua storia, il partito di Pannella e Bonino e' diventato, almeno in parte, qualcosa di simile a quelli che, in ambito anglosassone, si chiamano "libertarian parties", partiti libertari, ossia quei partiti che fanno della liberta' economica la propria bandiera e della riduzione del peso dello Stato nella vita sociale ed economica il proprio obiettivo politico. Nei venti referendum su cui e' in corso la raccolta delle firme e' riflessa questa storia: troviamo cosi' referendum (per esempio sulla liberalizzazione dei contratti di lavoro) che testimoniano della svolta liberista degli Anni Novanta, accanto a referendum (per esempio, sulla giustizia) piu' ascrivibili al c-ote' tradizionale del radicalismo pannelliano.

Alla luce delle logore e imprecise categorie politiche del secolo che muore, destra e sinistra, la Lista Bonino e' da considerare di destra o di sinistra? E i venti referendum sono un'operazione di destra o di sinistra? Per coloro che si riconoscono nelle bandiere e nei simboli classici (oggi alquanto in disarmo) della sinistra, la risposta e' apparentemente semplice e inequivocabile: ha ragione Cofferati, si tratta di un movimento e di una operazione di destra. Per la verita', va detto che anche il Partito radicale dei diritti civili era, per il senso comune di tanti militanti di sinistra, un partito di destra (qualcuno ricorda ancora? "Il divorzio e' un lusso borghese" dicevano). La realta', naturalmente, e' piu' complessa. Un partito libertario, come questo in variante Pannella-Bonino, scavalca continuamente gli schieramenti e non e' facilmente connotabile alla luce delle categorie tradizionali. La Lista Bonino riceve alle elezioni europee tanti voti anche "da sinistra" in parte perche' viene apprezzata l

'opera tipicamente liberale (e figlia di una lunga esperienza radicale in questo campo) dell'ex commissaria europea in materia di diritti umani. E non bisogna dimenticare che quando, molti anni fa, Pannella lancio' l'antiproibizionismo in materia di droghe (leggere e pesanti), tale battaglia ricevette molti consensi anche da sinistra, e cio' avvenne nonostante il piu' illustre proponente dell'antiproibizionismo in Occidente fosse, niente meno, il guru dell'economia liberista, l'americano Milton Friedman. Per contro, e' certo che, se davvero si terranno i referendum liberisti, a schierarsi contro non sara' solo la sinistra politica ma anche molti militanti di Alleanza nazionale. La pericolosita' per gli equilibri politici dei venti referendum e, piu' in generale, dell'azione di Bonino e Pannella, direi, sta proprio nell'impossibilita' di "confinarli" a destra o a sinistra, circoscrivendone in qualche modo il contagio. Nell'esperienza occidentale i "partiti libertari" non hanno fin qui avuto, in genere, grandi

successi elettorali. Al massimo hanno fornito alcune idee e alcuni quadri a partiti "storici" (i repubblicani di Reagan, i conservatori della Thatcher), pero' pagando cosi' il prezzo di confluire a destra, perdendo la capacita' di "attraversare" gli schieramenti. Terra di anomalie di ogni sorta, l'Italia si trova ora a registrare anche l'anomalia di un partito libertario che ha avuto un forte successo elettorale e che, almeno per ora, sembra conservare capacita' di attrazione su un elettorato sempre piu' mobile, e sempre meno fedele alle bandiere e alle parole d'ordine del tempo che fu. E' comprensibile il fatto che tanti, nell'Italia politica, siano piuttosto spaventati.

 
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