da IL MATTINO, martedi' 3 agosto 1999, pagina 5di Giuseppe Galasso
Nell'ormai lungo cammino del radicalismo italiano dalla fine della seconda guerra mondiale in poi - in un modo o nell'altro si risale alla fine degli anni '50 - il congresso tenutosi in questi giorni a Roma sembra destinato a occupare uno spazio particolare. "Liberali, liberisti, libertari": lo "slogan" triforme coniato dalla inesauribile vena di Marco Pannella e' piu' di uno "slogan" di occasione o di una parola d'ordine buona per una prossima battaglia. E', in effetti, una sintesi niente male di un indirizzo che i radicali stanno perseguendo gia' da tempo.
Pannella ha ormai stabilmente denominato "rivoluzione liberale" questo piu' recente indirizzo. Il riferimento a Piero Gobetti, il ben noto autore dell'opera famosa che porta come titolo quelle due parole, e', naturalmente, importante ed e' appena necessario sottolinearlo. Vero e', peraltro, che nel giovane intellettuale piemontese, cosi' prematuramente scomparso piu' di una settantina di anni fa, la preoccupazione liberale, in lui assolutamente fondamentale, si accompagnava a un'altra e ben diversa preoccupazione. Si accompagnava, cioe', alla preoccupazione di rispondere alla questione sociale del tempo, di dire una parola chiarificatrice ed efficace in merito ai problemi di classe della societa' industriale moderna. Sul suo orizzonte l'ombra di Marx e del socialismo non era inerte, come non era inerte l'ombra della "rivoluzione d'ottobre", allora ancora nei suoi primi anni dopo i trionfi del 1917 e della guerra civile e dopo la morte di Lenin. Questa preoccupazione di classe non emerge nei discorsi radicali
di oggi. La parola che in essi corre di piu' a questo riguardo e' una parola significativa, ma molto indeterminata: "i piu' deboli". D'altra parte, da quel consumato ideologo e politico che e', Pannella non poteva restare insensibile al processo di rimozione globale, di rigetto incondizionato, di profonda ripulsa che negli ultimi dieci o quindici anni ha segnato le sorti sia del "socialismo reale" che delle idee marxistiche di qualsiasi genere e forma. Mi sbaglio, o nei suoi discorsi ricorre molto meno di un tempo (quando anche i radicali amavano chiamarsi "compagni") il nome di Carlo Rosselli? Il nome, cioe', dell'autore di un libro famoso, che, come quello di Gobetti, e' servito a promuovere e a definire per lungo tempo programmi politici e militanze ideologiche: "socialismo liberale". In effetti, sia in Gobetti che in Rosselli l'essenziale non stava nel sostantivo (rivoluzione, socialismo), bensi' nell'aggettivo: "liberale". Pannella ha, quindi, buon gioco ad accentuare il carattere liberale della sua po
sizione. Risponde ai tempi, e risponde anche a una vocazione originaria sua e del suo movimento. L'ispirazione democratica puo' essersi appannata dal punto di vista dei grandi e, soprattutto, dei piccoli interessi sociali. Anche i nomi di Nitti e di altri maestri della democrazia italiana sembrano oggi ricorrere di meno nei discorsi radicali. Ricorre di meno il nome di Salvemini, che e' un nome solitamente ricordato solo per l'intransigenza morale del "non mollare" e per il suo "concretismo", ma e' in realta', soprattutto per la seconda parte della vita di quel grande antifascista, un nome della migliore tradizione liberal-democratica. Sembra, pero', e non diremo in compenso, addirittura cresciuta - e di molto, e pareva difficile nel caso di Pannella e dei radicali - la fiducia liberale che i grandi e piccoli interessi sociali possano essere meglio tutelati e promossi attraverso un progressivo e costante allargamento degli spazi di liberta' nella societa' civile e nelle istituzioni, nella legislazione e nel
costume.Questa fiducia e' iscritta, del resto, nel Dna pannelliano e radicale. A capo del loro filone politico e ideologico stanno i nomi piu' significativi della tradizione italiana in quel campo di idee e di valori. Sta il liberalismo etico-politico di Croce, con la sua "religione della liberta'", e sta il liberismo economico di Luigi Einaudi e di Ernesto Rossi. Sta la tradizione libertaria di tanta parte della sinistra italiana, irriducibile alla disciplina di movimenti e di partiti, come in qualche modo fu testimoniato in ultimo da Leonardo Sciascia, e sta l'idea della non-violenza (che e' nel suo fondo, un altro paradossale modo di essere libertario) di Aldo Capitini. Troppe ispirazioni? Certamente, ma non tante che lo spirito del movimento radicale italiano vi ci sia perduto e abbia smarrito la bussola. E', del resto, solo per questa loro molteplicita' di ispirazioni che un movimento e un partito cosi' poco formalizzati nei loro schemi di azione e di organizzazione hanno potuto rinascere costantemente
dalle ceneri loro stesse e, dati piu' volte per morti, si sono ritrovati politicamente ed elettoralmente cresciuti. Ed e' ancora solo per questa molteplicita' di ispirazione e per la grande elasticita' politica da essa consentita che i radicali hanno potuto giocare nella vita italiana il ruolo che hanno giocato con le grandi iniziative referendarie sul divorzio, sull'aborto, sul finanziamento pubblico dei partiti. Anzi, proprio quest'ultimo tema - ciecamente disatteso rispetto al risultato referendario dall'attuale gestione politica del paese e fonte nel passato di tanti meritati e immeritati guai - e' un esempio tipico della capacita', ma anche della possibilita' radicale, di fare politica su una base libertaria che pretende e riesce nello stesso tempo a essere liberale e liberista. Non credo sia possibile distinguere nel partito radicale di oggi, e dello stesso congresso, chi sia piu' liberale, chi piu' liberista e chi piu' libertario. Il contrasto con Zevi a proposito dell'adesione radicale al gruppo in c
ui e' anche Le Pen nel Parlamento Europeo, e' stato un contrasto non ispirato da queste, bensi' da altre qualificazioni. Nei discorsi congressuali il tono medio, a stare ai resoconti di cronaca e di vari partecipanti, si e' tenuto su una scala tutta raccordata al "la" impresso da Pannella. I discorsi di Emma Bonino hanno avuto il tono di impegno e di sincerita' solito sempre nei discorsi di questa donna che, con i mezzi piu' semplici, ha saputo ritagliarsi uno spazio di stima e di fiducia non solo nella politica italiana e comunitaria, bensi' anche - ed era assai meno facile - nel radicalismo italiano al fianco di Pannella. Si puo', semmai, notare nei discorsi della Bonino - e non e' la prima volta - un accento umanitario che non sempre si fa notare nei discorsi radicali. Il contrasto con Zevi ha avuto, tuttavia, un significato di grande importanza politica, che non appare del tutto suparato dalla abile composizione fattane nel congresso. La sua importanza non deriva tanto dal fatto che a contestare su un pu
nto di non secondaria importanza fosse il presidente e, comunque, uno dei maggiori "notabili" del partito quanto, paradossalmente, proprio dalla (troppo) abile composizione di Pannella. La distinzione tra "tecnica" e "politica" e' proprio una distinzione che risponde allo spirito radicale? oppure tutto cio' che toccano i radicali diventa oro, come nelle mani del re Mida? Qui c'e' un punto di riflessione piu' importante delle eventuali divisioni dei radicali tra piu' liberali, piu' liberisti o piu' libertari. Anche nella politica italiana questo punto e' emerso piu' volte come un motivo di perplessita' sulla linea radicale. Il rapporto con Berlusconi e l'accenno che vi fu di un particolare rapporto con Bossi lo dimostrano. La risposta di Pannella e dei suoi e' stata anche che essi staranno con chiunque (destra o sinistra) condivida le loro petizioni referendiare. Questo non fa una grinza (come suol dirsi) dal punto di vista di cio' che si deve pensare di parole tanto vuote come sono oggi quelle di "destra" e
"sinistra". Non fa una grinza nemmeno dal punto di vista di un partito che, certo delle sue idee, non teme ne' matrimoni ne' divorzi. E' dubbio, tuttavia, che questa sia una linea sufficiente al gioco politico di una forza che non ha ancora affrontato davvero la prova del governo, ma dovra' pure affrontarla un giorno per convalidare se stessa oltre il livello (per cospicuo che sia) raggiunto finora. E da questo punto di vista fanno problema, sia che lo si riconosca sia che non lo si riconosca, i discorsi di Emma Bonino sulla presente disponibilita' radicale ad assumere ruoli di governo e la ribadita centralita' delle iniziative referendiarie quale strumento dell'azione politica e riformatrice che ci si propone. Dal che si vede che le vere articolazionie del radicalismo di oggi non stanno in gruppi e persone diversi per idee e posizione, ma nella dialettica che nasce spontaneamente dall'interno del quadro politico e operativo che i radicali si sono dati.