Un referendum sul ConcordatoDa IL BORGHESE, 12 agosto 1999, pagina 38-39
Marco Pannella e' titolare di una laurea in Giurisprudenza. Perche' si laureo'? Voleva far contenta la sua mamma. Si tratta peraltro di una laurea singolare. Pannella prese 66, il voto minimo, ma avrebbe meritato un abbraccio accademico per la prontezza di spirito di fronte alla commissione di laurea. Fu un capolavoro di abilita'. Si presento' con una tesi che non aveva letto. Di quell'esame si e' favoleggiato a lungo, e ancora adesso, a distanza di quasi 45 anni, non se ne sono spenti gli echi. Ricapitoliamo, riordinando i ricordi dei suoi amici che furono studenti insieme a lui, dal professor Paolo Ungari, docente alla Luiss di Roma, ai giornalisti e storici Lino Jannuzzi, Angelo Bandinelli e Peppino Loteta. Il giovane Marco era uno studente fuori corso a Roma. L'attivita' politica gli interessava piu' degli esami. Studiava il minimo indispensabile. Era occupato con l'Ugi e con l'Unuri, era amico di Olof Palme, leader dei giovani universitari svedesi, e assieme organizzavano congressi. Faceva gia' allora i
niziative di disubbidienza civile, come quella in Ungheria, in occasione della rivolta anticomunista. Esami di tanto in tanto. Verso la fine degli studi si trasferi' all'Universita' di Urbino. Concluse gli esami, restava solo la tesi. All'epoca il giovane Pannella era militare, soldato semplice, ma in caserma stava poco. Grazie ai buoni uffici di un senatore liberale, godeva di molti permessi. E proprio durante un permesso ando' a Urbino a discutere la tesi, che - a quanto pare - gli era stata preparata da amici. Arrivo' a Urbino senza averla letta. La tesi aveva per oggetto la costituzionalizzazione dei Patti Lateranensi in base all'articolo 7 della Costituzione ed era a intonazione clericale: sosteneva il contrario di quello che un giovane liberale poteva pensare. Relatore della tesi era il professor Bon Valsassina, costituzionalista di valore ed esponente del movimento monarchico, il quale in quel frangente era malato. A Urbino giunse un telegramma carico di apprezzamenti positivi sulla tesi. Cosi' anche
in assenza del relatore, la tesi fu discussa. Pannella si accorse che la commissione era divisa: per meta' era composta da filo-clericali, per l'altra meta' da laicisti. I due gruppi si misero a discutere e il confronto si protrasse a lungo. Pannella lascio' che i docenti battibeccassero. Era d'intelletto pronto e non fatico' a orientarsi su quell'argomento, fu lesto a inserire qualche osservazione nel dibattito, osservazioni che pero' erano di segno contrario al contenuto della tesi. Mentre laicisti e filo-clericali disquisivano, Pannella tiro' fuori le due tesine che aveva preparato assieme alla tesi, e se le ripasso'. Non si puo' dire che desse risposte brillanti, ma se la cavo'. Ne usci' con 66. Era finita, la mamma era stata accontentata. La quale, francese di Grenoble, proveniente dalla buona borghesia, s'illuse che il figlio avrebbe imboccato una strada "normale". Invece Marco continuo' a coltivare la passione per la politica. Una passione che all'epoca aveva una direzione insospettata. Pannella esord
i' in politica come attivista monarchico con la campagna referendaria del 1946. A Roma, nella zona di piazza Bologna in cui abitava, andava ad affiggere manifesti monarchici che lui stesso confezionava sui fogli dei quaderni di scuola. Non era un attivista del Partito nazionale monarchico, ma piuttosto un attivista che aderiva idealmente all'ala monarchica del Partito liberale. Il destino di Pannella era di stupire. Riesce a farlo anche a distanza di 53 anni.
M.N.