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Conferenza Rivoluzione liberale
Poretti Donatella - 6 agosto 1999
LI DIFENDO, MA NON LI FREQUENTO
di Bruno Zevi

da L'ESPRESSO del 12 agosto 1999

Mi presento. A sedici anni, nel 1936, facevo parte dei gruppi clandestini di "Giustizia e Liberta'" e sottoscrivevo per la Spagna anti-franchista. Poi il liberalsocialismo di Aldo Capitini, poi il Partito d'Azione fino all'ultimo comitato centrale, ed oltre. Sono rimasto e sono azionista: presidente, segretario e unico membro del partito di Carlo Rosselli, Gaetano Salvemini, Ferruccio Parri, Omodeo, Ragghianti, Dorso, ed anche Cencio Baldazzi e Bruno Pierleoni. Quando fui eletto presidente del Partito Radicale, ero cosi' poco radicale che Marco Pannella propose di sostituirmi con Emma Bonino e mi nominarono presidente d'onore, titolo che si attribuisce ad arteriosclerotici avanzati, in stato demenziale, che biascicano su seggioloni a rotelle "ba, ba, ba".

Da vari anni, voto radicale, difendo i radicali, ma non li frequento. Sono fisicamente allergico ai Berlusconi. E' piu' forte di me, questione di pelle. Ma cerco di capire, anzi capisco i radicali. Fingono di andare a destra perche' la sinistra li ha sempre idiotamente rifiutati. Ed oggi, la sinistra dei Folena e Minniti e' tale che anch'io avrei voglia di scappare, non a destra perche' non so neppure dove sia, ma da qualunque altra parte, magari a casa mia. Gli ex comunisti sono meno criminali dei comunisti, ma tanto piu' stupidi. I socialisti, dopo aver barattato i consensi con il potere, sono cadaveri imputriditi sin dal 1914. Questa sinistra, benche' governi abbastanza bene, rischia di consegnarci a Berlusconi perche' non ha un disegno, una visione globale, un'ispirazione, un minimo di fantasia, un'ombra di utopia. Confesso: sto a sinistra, perche' non posso stare da nessun'altra parte; ma, un po', me ne vergogno.

Perche' con i radicali, allora? Perche' sono gli unici a pensare e proporre cose nuove; gli unici a parlare di "rivoluzione", sia pur "liberale, liberista e libertaria", e non liberalsocialista come vorrei io; gli unici capaci di buttarsi, in ogni ora del giorno e della notte, anche d'agosto; gli unici a pagare sempre di persona; gli unici costantemente leali. Io, del Partito d'Azione, sono disposto a dare la vita per il Partito Radicale, perche' ho immensa stima e immenso affetto per Marco Pannella ed Emma Bonino, per Stanzani, Vigevano, Rippa, Bernardini, per tutti i radicali. Con loro mi sento bene. Sono "contro tutti" come me. Ma combattono contro tutti, meglio di me.

Io non sono liberale e meno ancora liberista. La mia vita politica, dopo la Resistenza, e' legata alla nazionalizzazione dell'energia elettrica, voluta da Ugo La Malfa e Riccardo Lombardi. Diffido dell'attuale fuga nevrotica nelle privatizzazioni, anche se sono anti-statalista. La nostra classe politica e' stupendamente prudente, equilibrata, immobile, sensata. Quella radicale e' temeraria, disarmonica, dinamica, insensata. Sto con i radicali.

Sbagliano? Qualche volta, certamente questa volta con l'ignobile faccenda dell'alleanza "tecnica" con Le Pen a Strasburgo. Ne abbiamo discusso per due interi giorni al congresso radicale. Abbiamo urlato: li ho accusati di essere ottusi, ebeti, suicidi nel mettersi contro 15 milioni di ebrei nel mondo, lo Stato d'Israele e 40 mila ebrei italiani intransigenti. Ho ricordato il fiasco clamoroso del sindaco Rutelli quando voleva intestare uno slargo di valle Giulia al gerarca Bottai; li ho implorati di recedere apertamente, anche se il detestabile gruppo non e' accettato dal Parlamento Europeo, e quindi non esiste.

Alcuni fanatici mi hanno chiesto perche' non mi dimettevo dal partito radicale. E perche' mai potrei quando i supposti "avversari" sono persone che amo e mi amano? Quando sono gli unici politici di cui mi fido e cui sono solidale anche nel dissenso?

I referendum. Non li ho letti, non so che vogliano; li ho firmati tutti. Perche' smuovono questo paese incancrenito nell'inerzia, nell'anchilosi, nelle pastoie burocratico-sindacali. Costituiscono l'unica proposta esistente sul mercato politico. Vogliono un cambiamento. Vogliono una "rivoluzione", anche se non e' quella liberalsocialista. Gli italiani sono tutti rivoluzionari a condizione di fare la rivoluzione da soli. Io la faccio con i radicali, perche' ho fiducia incondizionata in loro, anche quando dissento. Non analizzo, non scevero, non sofistico, sospendo di fare il critico che e' il mio mestiere, non recito il voltairiano o l'illuminista. Penso al domani, ai miei figli e nipoti. Il tanfo di questa societa' e' insopportabile, anche se il governo e' il migliore che abbiamo avuto dalla Liberazione. Urge una scossa, e solo i radicali la prospettano. Il domani non si costruisce senza di loro. Sono liberalsocialista, del Partito d'Azione, radicale.

 
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