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Conferenza Rivoluzione liberale
Poretti Donatella - 6 agosto 1999
I PARTITI DEI PADRI PADRONI

da LA REPUBBLICA, venerdi' 6 agosto 1999, prima pagina

di CURZIO MALTESE

Emma Bonino, prestanome del quarto partito italiano, scortata dal suo guru Marco Pannella, ha incontrato l'altro giorno il presidente del consiglio D' Alema per discutere di referendum. La bizzarra proposta radicale e' di fornire l' appoggio a un governo, di destra o sinistra non importa, in cambio del maggior numero di firme e finanziamenti alla campagna referendaria. L'idea originale e' di Pannella, ventriloquo di Emma, ormai rientrata nel rango di ancella del capo e prima militante di un movimento che ha nel culto dell' anziano leader l'ultima ragione sociale. L'unico bandolo di una pazzesca matassa dove si puo' trovare di tutto, movimenti gay e Le Pen, spinello libero e anti sindacalismo, europeismo e american way of life. L'esito vero dell'incontro fra Pannella, l'adepta e il premier non e' prevedibile perche' legato a fattori personali e umorali piu' che politici. Nel senso che dipende da quanto si piaceranno. E' noto che a D'Alema piace Emma Bonino, tanto da averle gia' offerto un ministero. Cosi', pe

r stima. Quale e per fare che cosa, conta ancor meno di "destra e sinistra". Non si sa invece se Emma voglia piu' bene a D'Alema o a Berlusconi, perche' Pannella non gliel'ha ancora detto. Ma intanto, che senso ha tutto questo?

GIORNI fa Eugenio Scalfari si domandava perche' il fenomeno del "fai da te" in politica sia cosi' poco indagato. E' una bella questione storiografica. In nessun luogo e in nessuna epoca, fuori dalle repubbliche bananiere del Sudamerica, la vita politica di un paese si e' consegnata alle lotte di leader e liderini dotati di liste personali molto simili a sette, senza solidi riferimenti a tradizioni, esperienze e ideologie collettive.

Una volta si poteva essere comunisti o fascisti, democristiani o socialisti o repubblicani o liberali o radicali. Ora si e' berlusconiani o dalemiani, pannelliani o dipietristi o bossiani. Il modello politico-religioso di fine secolo prevede una piramide con in cima un guru fondatore dotato di potere assoluto e totale facolta' di contraddirsi, circondato da una ristretta cerchia di sacerdoti fedelissimi (pena l'espulsione e la scomunica) e, alla base, una massa piu' o meno fluttuante di adepti mai consultati. I quali, si capisce, aderiscono alla personalita' del leader. Non al programma, che non conta quasi nulla, e tantomeno al colore politico, che e' cangiante.

Che cosa e' Forza Italia, con le sue magiche promesse, se non l' estensione dell'ego del suo inventore? E la Lega sopravvivera' mai a Bossi? E' possibile immaginare l'Asinello senza Prodi? Esiste un futuro per i diniani senza Dini, l'Italia dei valori senza Di Pietro, i pattisti senza Segni, i cossighiani senza Cossiga e perfino il Cdu senza il suo rapido manovratore Buttiglione? L'ultima illusione di un radicalismo senza Pannella e' miseramente fallita.

L'identita' di queste sette di massa, che possono raccogliere milioni di voti, si sovrappone a quella del capo o guru. Il percorso politico e le scelte sono pesantemente condizionate dalla sua psicologia, da personali simpatie e antipatie o rivalita', a volte perfino dalle nevrosi, deliri di onnipotenza, stranezze e utopie. Milioni di fedeli poco convinti, com'e' nella nostra tradizione cattolica, aderiscono con il voto a una faccia e sposano una psiche. I movimenti vivranno il tempo di un'esistenza e si spegneranno quando un cuore cessera' di battere.

MA IL modello della setta comincia a farsi largo anche nei partiti tradizionali sopravvissuti a Tangentopoli. Come ha dimostrato la vicenda delle dimissioni "impossibili" dopo il voto europeo. Gianfranco Fini puo' perdere un terzo dei voti ma non viene sostituito, perche' An e' in fondo una creatura del presidente, riflette la biografia e la psicologia dell'allievo di Almirante proiettato verso la destra americana. La Quercia e' parsa negli ultimi anni compatta, fino all'esaurimento, nello sforzo di portare il suo leader a Palazzo Chigi. E D'Alema non perde occasione per rimproverare ai suoi, nei timidi dibattiti interni seguiti alle sconfitte, una scarsa fede nel capo, cioe' in lui. Fragoroso e' poi l'esempio dei comunisti, pure interpreti di un'ideologia fortissima. A mesi di distanza e' impossibile non vedere nella disastrosa scelta di far cadere il governo Prodi, il sacrificio di un intero partito alle narcisistiche voglie di protagonismo di Fausto Bertinotti. Ma si sa, e la Lega conferma, che per una se

tta e' piu' importante la fedelta' al guru che l'allargamento del consenso.

Lo spettacolo di questa politica New Age, a sguardi neutrali, dev'essere di grande divertimento. Dove portera' poi questa guerra fra leader e' facile da capire. Alla vittoria della personalita' e della setta piu' ricca e potente, al trionfo di Silvio Berlusconi. Se si tratta di scegliere l' uomo forte, con una leadership ferrea e un movimento modellato a immagine e somiglianza, finanche nel guardaroba, chi meglio di lui? Se destra e sinistra "non contano" e le idee (o ideologie) sono ormai superate da una moderna religione fondata sull'immagine del capo, quale religione piu' moderna del danaro e immagine piu' luminosa del padrone televisivo?

Berlusconi poteva essere sconfitto soltanto dall'idea collettiva dell'Ulivo, un vero ritorno alla politica di cose e programmi. Ma l'Ulivo e' stato distrutto dal conflitto di narcisismi fra capi del centrosinistra. Perche' possa rinascere non serve "che i partiti facciano un passo indietro" (Veltroni), visto che non contano quasi nulla. Occorre che il passo indietro lo facciano i leader, i quali se ne guardano bene. Meglio perdere le elezioni che il potere personale. Oppure fingere di cederlo per il tempo di una campagna elettorale, su suggerimento del marketing, come ha fatto Pannella. E poi tornare a fare il padre padrone, peggio di prima.

 
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