COMUNICATO STAMPA DELL'ADUC
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OLTRE CHE INUTILI SONO FORIERI DI UNA GIUSTIZIA GIUSTIZIERA PIUTTOSTO CHE PROTESA AL RECUPERO DI FIDUCIA E LEGALITA'
Firenze, 17 Agosto 1999. Il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito, interviene sulla proposta di braccialetti elettronici per gli imputati agli arresti domiciliari.
Dal punto di vista tecnico e' una proposta bizzarra, perche' le possibilita' di eludere la sorveglianza sarebbero molteplici: lasciandolo in casa, per esempio, magari addosso ad un'altra persona che muovendosi come chiunque nella stessa casa, non darebbe adito a sospetti.
Dal punto di vista generale vengono un po' i brividi, perche' ci sembrerebbe un provvedimento preambolo di un modo di controllare la sfera del privato (che, volenti o nolenti, esiste anche per una persona che ha limitazioni alla sua liberta' di movimento) che si sa dove parte, ma non dove arriva: perche' per esempio, con fine preventivo, in ogni abitazione non ci dovrebbe essere un occhio elettronico che avvisi su comportamenti non proprio legali degli abitanti di una casa? Ve l'immaginate, per esempio, quali ottimi risultati si otterrebbero per prevenire il consumo di droga nei giovani, o la visione di cassette porno da parte di minori? ... Se qualcuno vuole un mondo fatto in questo modo, non ha che da cominciare con questi braccialetti.
Ma l'aspetto piu' preoccupante e' lo stravolgimento che si avrebbe nei rapporti tra utente dei servizi della giustizia e operatori del settore.
Oggi la concessione degli arresti domiciliari avviene con l'intento di costruire un rapporto di fiducia tra imputato e giustizia, dove il primo puo' avere come attenuante anche il suo corretto uso della fiducia che gli e' stata concessa. Con l'introduzione del braccialetto elettronico viene meno il concetto stesso di arresti domiciliari, trasformandoli in carcere meno duro e piu' confortevole; non esiste piu' il dovere dell'imputato di rispettare gli impegni che ha preso con chi gli ha concesso gli arresti domiciliari.
Portando questa logica alle estreme conseguenze, e' come se, per far rispettare il semaforo rosso, invece della semplice indicazione visiva, si frapponessero vere e proprie barriere che impedissero l'accesso: barriere materiali alla stessa stregua di quelle elettroniche del braccialetto.
Questa giustizia giustiziera proprio non ci piace, e abbiamo l'impressione che serva a creare un gran polverone per nascondere il vero cancro del sistema: l'inamovibilita' dei responsabili dello sfascio, la corporazione dei magistrati, che, invece, sono premiati con l'avanzare in carriera automaticamente, senza meriti o demeriti che incidano sul ritmo positivo o negativo di questo avanzamento. E, di conseguenza, l'assenza di responsabilita' civile per cio' che fanno, i termini sempre ordinatori e mai perentori con cui amministrano i tempi della giustizia. In ogni azienda se gli amministratori non sono in grado di farla funzionare, vengono rimossi e sostituiti con altri che vengono eletti dai soci; ma questo non e' per l'azienda Giustizia dello Stato Italia, dove la sola idea che i soci -i cittadini/utenti- eleggano i giudici, fa accapponare la pelle a tutti quei giustizialisti che passano il ferragosto disquisendo di come levare ancor piu' diritti a utenti che, senza possibilita' di scegliere da chi farsi gi
udicare, sono invece sudditi.