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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Rinascimento - 20 agosto 1999
NESSUN INTERVENTO SULLA SITUAZIONE DELLO STATO DI DIRITTO, DELL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA E DEI DIRITTI DELL'UOMO IN TUNISIA ALLA SOTTOCOMMISSIONE DELLE NAZIONI UNITE A GINEVRA

Ginevra-Roma, 19 agosto 1999. Un "improvviso" cambiamento all'ordine del giorno della sottocommissione delle Nazioni Unite a Ginevra ha impedito alla delegazione del Partito radicale Transnazionale, come ad ogni altra ONG, di pronunciare il proprio intervento sulla situazione della giustizia e dei diritti umani in Tunisia.

Il presidente della sessione ha rifiutato di reinserire questo punto all'ordine del giorno, contrariamente ad una pratica normalmente ammessa a Ginevra.

Segue il testo dell'intervento che la delegazione del Partito Radicale Transnazionale avrebbe dovuto presentare a Ginevra.

Intervento del Partito radicale

sulla situazione in Tunisia

Punto nove : amministrazione della giustizia e diritti dell'uomo

Ginevra, 19 agosto 1999

Signor Presidente

Ancora una volta il Partito Radicale Transnazionale interviene sulla situazione in Tunisia. La nostra costanza in questo campo non deriva assolutamente da una qualsiasi volontà di persecuzione. Pensiamo però - dal punto di vista dei nostri temi di riferimento che sono il liberalismo, i diritti umani e l'esercizio effettivo delle libertà - che la politica del governo tunisino pone oggi alla comunità internazionale un vero problema.

La Tunisia, abbondantemente qualificata nei depliant turistici come "terra di serenità", conduce in effetti su questo piano una politica unica priva di qualsiasi serenità.

Ai discorsi enfatici sui diritti dell'uomo e alla ratifica degli strumenti giuridici internazionali si oppone la realtà di violazioni perverse e sistematiche ai diritti della persona umana ed una persecuzione diplomatica che ha finito per esasperare anche i partner più compiacenti del regime tunisino.

Nel novembre 1998 il comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha, come sapete, smentito le autorità tunisine in maniera del tutto esplicita riguardo al ricorso alla tortura e riguardo alla legislazione nazionale in materia. Senza dubbio il governo tunisino, che ha a lungo negato con arroganza questa tragica realtà, cercherà di adattare la sua legislazione conformemente alle raccomandazioni del comitato. Ciò sarà utile ma certamente insufficiente, a tal punto le autorità di Tunisi sono diventate maestre nell'arte di nascondersi dietro ai discorsi ed ai testi rassicuranti mantenendo allo stesso tempo una pratica da pugno di ferro in totale contraddizione con i temi principali della loro propaganda.

E' il caso della pratica della stretta sorveglianza, della persecuzione delle famiglie dei detenute e degli oppositori o della legislazione sulle associazioni, la stampa ed i passaporti.

Il controllo della società e del paese da parte di un Partito Stato onnipresente e della polizia onnipotente costituiscono gli elementi decisivi della deriva despotica, autoritaria e affaristica (corruzione e nepotismo) del regime tunisino.

Gli inviati speciali della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, non potendo recarsi in Tunisia in mancanza dell'accordo delle autorità di questo paese - ne sanno qualcosa. Molti di loro hanno descritto nei loro rapporti annuali le gravi violazioni ai diritti umani sempre più numerose e frequenti in questo paese.

L'hanno fatto a riguardo delle violenze contro le donne parenti dei detenuti o esse stesse detenute, a riguardo della scandalosa detenzione di Khemais Ksila, il vice-presidente della Lega Tunisina per i Diritti Umani e a riguardo del non rispetto delle elementari garanzie al diritto ad un processo equo.

Nella hit parade della censura e della stampa monolitica, la Tunisia, come dimostrato dal "Comitato di protezione dei giornalisti", dalla "federazione degli editori di giornali" e da "Raporters sans Frontières", si colloca nelle primissime posizioni.

Allo stesso tempo, e per la terza volta consecutiva, il comitato per il riconoscimento dello Status consultivo presso l'ECOSOC è stato sottomesso ad un sistematico assillo di domande di false ONG locali tunisine, telecomandate ed il cui scopo è ottenere in maniera abusiva uno statuto di cui faranno il peggior uso.

Signor Presidente, a queste constatazioni vanno aggiunti nell'ultimo periodo:

1. Le condizioni in cui si è svolto il processo dell'avvocatessa Radhia Nassraoui e dei suoi 20 co-accusati. Rinviata due volte l'udienza di prima istanze è stata seguita ogni volta da almeno quindici esperti internazionali che hanno potuto essere informati sulle deplorevoli violazioni dei diritti della difesa e degli inquisiti. Questo processo ha messo in evidenza in modo spettacolare la realtà della tortura.

2. L'ostracismo nel quale si trova la Lega per i Diritti Umani ed il rifiuto opposto alla richiesta di autorizzazione del Consiglio Nazionale per le Libertà in tunisia.

3. I procedimenti giudiziari contro il portavoce di questo stesso consiglio, il Dr. M. Marzouki e contro il segretario generale Omar Mest,ri.

4. I procedimenti annunciati contro Mohamed Moadda, presidente legittimo del Movimento dei socialisti Democratici (MDS), sottoposto a costanti persecuzioni.

5. Le persecuzioni contro la signora Ksila, l'avvocatessa Radhia Nassraoui e le famiglie dei suoi co-accusati, contro ex dirigenti sindacali e contro il giornalista indipendente Taoufik Ben Brik.

6. La sistematizzazione della "vendetta" del governo nei confronti delle famiglie dei difensori dei diritti umani e degli oppositori.

Dopo il processo e la detenzione arbitraria del Sig. Bedoui, fratello del dr. Marzouki, la persecuzione delle famiglie dei detenuti, nel luglio 1999 c'è stata la macchinazione contro il fratello di Khemais Chammari, noto per la sua azione vigorosa in difesa dei diritti umani che lo costringe ad un esilio marcato dalle persecuzioni delle autorità tunisine (campagna di diffamazione a mezzo stampa e pressioni sulle istanze internazionali per ostacolare il suo lavoro di esperto consulente in materia di diritti umani).

Abderraouf Chammari è stato così condannato a 12 mesi di prigione per "diffamazione delle autorità" e per "diffusione di false notizie" nel quadro di un processo svoltosi il 25 luglio 1999 e che ha costituito una ennesima conferma del cattivo uso che viene fatto della Giustizia in Tunisia.

 
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