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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Segreteria - 25 agosto 1999
INTERVENTO DI BENEDETTO DELLA VEDOVA SU "L'UNITA'" DI OGGI, 25 AGOSTO 1999, PG.11

LIBERISTI ANCHE NELLA SANITA'

Benedetto Della Vedova*

Marco Geddes Da Felicaia, Vicepresidente del Consiglio Superiore di Sanità, ha attaccato su l'Unità il referendum radicale sulla sanità, definendo la nostra proposta "inesistente". Non vorrei che i lettori de "l'Unità" prendessero per buona la caricatura malevola dell'iniziativa referendaria che è stata fatta. Del resto, quella di fare delle proposte economiche liberali un "fantoccio" grottesco, è abitudine pluridecennale "degli anti-liberisti, si chiamassero o si chiamino essi protezionisti o socialisti o pianificatori (..).E' così facile combattere contro un fantoccio!" (Luigi Einaudi, 1948).

Non abbiamo mai detto, come lascia invece intendere Geddes De Filicaia, che la spesa pubblica per la sanità italiana sia troppo elevata. Il problema non è la quantità della spesa - destinata a salire - ma la qualità dei servizi che i contribuenti ricevono in cambio. Non solo, la spesa sanitaria privata menzionata nell'articolo, non preoccupa perché sfugge alla programmazione, bensì perché in larga misura serve per acquisire beni e servizi sanitari la cui offerta dovrebbe essere garantita dal sistema pubblico, ma che i malati sono costretti a "pagarsi una seconda volta" a causa dei tempi e della qualità inadeguata dell'offerta pubblica stessa! Lasciare che lo spazio per il mercato privato nella sanità debba rimanere quello residuale delle assicurazioni "integrative", significa rinunciare a rendere efficiente la spesa sanitaria pubblica (pur con tutte le dovute e apprezzabili eccezioni). I cittadini italiani debbono poter valutare se il value for money della loro quota parte di tasse che finiscono alla sanit

à sia soddisfacente oppure o no, e, nel caso, devono poter scegliere una alternativa, non pagarsi una integrazione.

Il nostro referendum, dunque, non chiede l'abolizione del sistema sanitario pubblico e tantomeno quello dell'obbligo di una estesa copertura assicurativa contro tutte le malattie. Il "modello" di sanità reso possibile dalla vittoria referendaria continuerebbe a prevedere l'obbligo per tutti di essere assicurati contro le malattie, ma aprirebbe la possibilità di stipulare il contratto di assicurazione con soggetti diversi dal SSN: assicurazioni private, mutue o altro. Una legge, come per altre assicurazioni obbligatorie, dovrà regolamentare in modo rigoroso le caratteristiche dei contratti sostitutivi della assistenza pubblica, evitando alla radice i rischi della cosiddetta scrematura del rischio (del tipo: assicuro solo i sani e rompo il contratto con chi si ammala) e altre cose simili. Chi lo riterrà, potrà proseguire con l'attuale regime.

Quanto costerebbe e come verrebbe pagato un tale sistema? Non costerebbe una lira in più di quello attuale e non comporterebbe alcun onere aggiuntivo per il contribuente. Anche dopo il referendum, lo Stato potrebbe raccogliere con le modalità attuali i 100.000 miliardi per la sanità, salvo poi assegnarne le quote pro-capite al fondo, pubblico o privato, indicato dal contribuente. Anche l'attuale effetto redistributivo, sarebbe salvaguardato da tale meccanismo che, per sintesi, possiamo definire buono sanità. I fondi assicurativi privati si contenderebbero i cittadini con prestazioni integrative rispetto a quelle di legge - a pagamento o gratuite - e garantendo prestazioni migliori della concorrenza, pubblica e privata.

In questo modo si agisce sul lato della "domanda" di servizi e prodotti sanitari, cancellando il sostanziale monopolio pubblico che fa del SSN l'acquirente unico o quasi (anche nei confronti di un privato oggi assistito e consociativo). Non solo, si romperebbe il circolo vizioso tra "acquirente" e "offerente" di servizi sanitari, ruoli oggi interpretati, pur con un diverso cappello, dal medesimo soggetto pubblico, con i risultati che conosciamo. Con qualche probabilità, ce lo si conceda, di avere maggiore controllo della spesa sanitaria - oggi affidato al buon cuore degli operatori o ad astratti parametri statistici -, maggiore efficienza e soddisfazione dei cittadini.

Sul fronte della "offerta" il referendum non porterebbe allo smantellamento del sistema ospedaliero pubblico, a cui i fondi privati continueranno a rivolgersi se le prestazioni offerte risulteranno in linea con quelle della "concorrenza".

Un quadro teorico e illusorio? Se gli italiani lo vorranno vedremo alla prova dei fatti. Anziché agitare lo spettro terribile dei futuri fallimenti del mercato, però, qualcuno farebbe a preoccuparsi degli attuali fallimenti dello Stato che forse gli italiani cominciano a non considerare più come una punizione divina.

*Eurodeputato Lista Bonino

 
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