da IL CORRIERE DELLA SERA, 1 settembre 1999di FRANCESCO MERLO
Lo spettacolo e' da fissare a bocca aperta sforzandosi di comprendere tanto miracolo. Da Di Pietro a Fini, dall'Asinello di Prodi sino alla Forza Italia di Berlusconi e a significativi pezzi dei Ds, sono tutti referendari e dunque pannelliani, tutti in piazza a raccogliere firme per il sistema all'americana. Se si escludono Cofferati, Fossa, i tenaci Popolari e pochi altri, gli altri si sono armati di "referendum day" e di riforme dal basso, tutti radicali, liberali e liberisti. Al punto che, forse, la meno pannelliana d'Italia e' rimasta proprio lei, Emma Bonino.
Eppure l'estate era cominciata con la bocciatura del referendum, strumento "vecchio" e "logoro", "antiparlamentare e dunque poco democratico". Erano seguite dotte riflessioni psicanalitiche sulla mancata autonomia di Emma Bonino da Marco Pannella, sul triste ritorno di una quasi-statista europea al marciapiede italiano, sull'incapacita' di una donna minuta e leggera di sottrarsi al greve destino della pesante omologazione. Ebbene, la stessa estate si chiude adesso con un'epidemia di referendite acutissima e con la pannellizzazione della politica italiana.
Va subito detto che e' un altro inconsapevole omaggio all'Orso Pazzo questo tentativo di rubargli l'anima, ma solo nel senso in cui tutti i rapimenti e i furti sono omaggi: mai i Romani avrebbero rapito le donne dei Sabini se non le avessero giudicate belle.
Cosi' Antonio Di Pietro torna a raccogliere firme per i referendum, ponendosi - le parole sono sue ma il lessico e' pannelliano - "contro le barriere..., per difendere i militanti dai loro stessi dirigenti". E c'e' Alleanza nazionale che, avvalendosi della consulenza dell'ex radicale Peppino Calderisi, si e' mobilitata persino nelle spiagge su due eterni "topoi" pannelliani: contro il finanziamento pubblico dei partiti e per il sistema elettorale maggioritario secco; con Fini e Storace che affinano le capacita' radicali e denunciano la disinformazione della Rai di regime. Ci sono, ancora, centinaia di consiglieri comunali, provinciali e regionali di Forza Italia che riempiono le notti di Radio Radicale offrendo tempo e fatica come il recordman Nino Lomonaco di Taormina che, da solo, ha raccolto 1.100 firme in due sere. E c'e', buon ultimo, l'Asinello di Prodi che stamani presentera' in una conferenza stampa il suo bravo "referendum day", che e' un'altra invenzione, non solo linguistica, di Pannella.
E tutti chiedono ai radicali come dev'essere il timbro, e come si fa a vidimare la firma del non residente, e come si chiama la tipografia tedesca che produce quella leggerissima e risolutiva carta carbone "firma uno e prendi cinque". Sembra appunto che solo la Bonino, talvolta, tenga testa al pannellismo ormai dominante, sembra la sola a opporre un qualche freno al panreferendarismo, alle tecniche piu' ingegnose e rischiose di Pannella, come quella di offrire alla pubblicita' le lettere di propaganda che la stessa Bonino ha mandato per posta a 18 milioni di famiglie: "Firmate entro la prima settimana di settembre, e subito dopo correte a comprare un indumento nel piu' vicino negozio Benet". Dove il ricorso all'abbreviazione serve a evitare il passaggio alla tariffa postale piu' cara. E dove e' vero che Benetton non ne sapeva nulla, che non ha (ancora) pagato nulla, ma che non nasconde il suo interesse, alimentato dal solito Oliviero Toscani. Sempre piu' sofisticata, la tecnica referendaria radicale vuole in
fatti diventare scienza della comunicazione e dunque, perche' no?, anche marketing applicato alla politica.
Eppure tutto questo conta poco. Se si ripercorre infatti la storia d'Italia sono solo tre i referendum vinti e rispettati, quello istituzionale e i due, ormai "storici", sul divorzio e sull'aborto. Gli altri sono stati tutti disattesi e delegittimati dal Parlamento. Immaginate cosa sarebbe accaduto se, dopo la vittoria della Repubblica, nessuno si fosse adoperato perche' i Savoia venissero deposti e accompagnati fuori dai confini. Evidentemente sarebbero rimasti nella loro reggia. I referendum infatti, non traducendosi subito in leggi, vengono facilmente e regolarmente elusi e archiviati insieme con la volonta' popolare e con la passione che esprimono. E' stato cosi' per la responsabilita' civile dei giudici, per il finanziamento pubblico dei partiti, per il sistema elettorale maggioritario eccetera. Ormai gli italiani sanno che i referendum inutilmente si trasformano in accese competizioni sportive nazionali, con scioperi della fame e della sete sotto la sede della Corte Costituzionale, e ogni volta sembra
che l'Italia stia per voltare pagina, per fare finalmente la sua rivoluzione.
In questa maniera se ne possono fare pure mille, si possono riproporre i quesiti che il Parlamento ha gia' disatteso, e si puo' fingere di crederci, di partecipare, di affidare ai referendun le riforme impossibili. E vengono pure meglio se si toglie ai promotori l'aura dei democratici, se ci si associa al nemico: "Il referendum - dice giustamente la Bonino - logora chi non ce l'ha". Ecco dunque che cos'e' la referendite: la malattia di un'Italia che si e' rinnovata nei costumi, nei juke box, nell'alimentazione e nella lettura ma che e' decrepita nella politica. Referendite e astensioni sono le facce della stessa decomposizione. E Pannella stia attento: tentano di rubargli l'anima e poi diranno che e' logora, avvizzita. Vogliono che invecchi al loro posto, come il ritratto di Dorian Gray.