[La Sicilia 10 09 1999]
Finetta Guerrera
CATANIA - Sciascia, a dieci anni dalla scomparsa: dissertazione quanto mai intrigante e aperta a ogni imprevedibile sviluppo stante la personalità dello scrittore scomparso, ma anche e soprattutto per la presenza attesissima della vulcanica Emma Bonino: europarlamentare radicale eletta con recente, personale trionfo, e tutt'oggi strenuamente impegnata nella raccolta delle firme sui venti quesiti "liberali e liberisti" a fianco dell'inseparabile Pannella che, assieme a Emanuele Macaluso, già nel Pci clandestino nel '41, e con Antonio Di Grado in veste di moderatore, ha partecipato all'incontro letterario di ieri facente parte della rassegna "Suoni di Versi", organizzata dal Comune di Catania. Grande pubblico, quindi, e grande interesse nell'aula magna del Rettorato, soprattutto per lei, ovvero, secondo la definizione del Time : "Una delle donne che cambieranno il modo di pensare nell'Europa del Duemila". Lei è come l'abbiamo vista nel dilagare degli spot televisivi, un'idealista con la figura minuta e il volt
o intenso sotto il caschetto biondo-spento dei capelli: indistruttibile e irriducibile. Un grande applauso, ricambiato dal ben noto sorriso. Poi, è Di Grado a ricordare in apertura la figura di Sciascia, il maestro di pensiero "dai tragitti inconsueti che, con dubbiosa lucidità, scrutava le cronache per trasformarle in storia e che il nostro tempo - tempo, come lui diceva, d'impostura - ha già, dopo il cordoglio, disinvoltamente accantonato: a due mesi da una scadenza di cui converrà riparlare, quel 20 novembre dell'89 in cui Sciascia cessò di vivere, l'obiettivo è di ricordare il grande scrittore. Se vogliamo fare un bilancio, sembra che un velo di oblìo, una rimozione, gravi sul suo nome e sulla sua opera. Perché"? "Troppo ardua era la sua lezione di moralità e di stile, troppo imprevedibili le sue polemiche, quel contraddire e contraddirsi che spiazzava. Il perché oggi viene dimenticato lo chiediamo ai nostri ospiti". Ed è Macaluso a parlare, ricordando lo Sciascia estremamente discusso, a partire da quel
l'articolo dell'87 sul Corriere della Sera , intitolato "I professionisti dell'Antimafia". Se tanto clamore suscitò quell'articolo, che cosa mai avrebbe scritto oggi su Tangentopoli, sui giudici di Mani pulite, su Prima e Seconda Repubblica? Dice Macaluso: "Bisogna guardare cosa sono stati questi anni, dacchè Sciascia è scomparso: è cambiato il mondo, è cambiata l'Italia e il suo sistema politico. Non c'è più quel tipo di potere di cui si occupava Sciascia, non c'è più la Dc, non c'è più il Pci. Abbiamo, invece, questo problema enorme della giustizia. Soprattutto, è riemerso quello della mafia. E Sciascia, attraverso la letteratura, è stato quello che ha per primo puntato il dito verso questo fenomeno". "L'aspirazione di Sciascia era di contrastare il potere: oggi, dopo dieci anni, abbiamo un sistema politico che non è riuscito più a riorganizzarsi, in una situazione in cui la società è esplosa da dentro, e in cui il potere si è espresso in forme anche nuove, anche diverse. Ma se Sciascia è stato l'antesigna
no del garantismo, è stato nello stesso tempo l'uomo che lottò contro la corruzione e contro la mafia. La sua avversione nei riguardi della Dc comincia dai momenti bui, comincia dall'intreccio con la mafia, comincia col potere perverso e siamo a Todo modo . Ma se lui scrisse Todo modo , scrisse anche L'affaire Moro . Queste due realtà, non erano un rovesciamento di posizione, tutt'altro. Rivelavano, invece, la sua libertà, la sua indipendenza e la sua avversione al potere così come in una determinata situazione si presentava. E la libertà fa paura: ecco perché Sciascia, scomodo in vita, continua a esserlo dopo la morte. Attentissima, la Bonino ascolta. E, quando è finalmente il suo turno, attacca con un piglio diverso, più colloquiale. I suoi sono innanzitutto ricordi, ricorda lo Sciascia timido che si irrigidiva quando lei nel salutarlo, lo abbracciava. Ricorda certe frasi lapidarie come "io credo che la mafia resterà e se ne sarà andato il diritto". Dice: "Io non credo che ci saranno molti appuntamenti per
il decennale della sua scomparsa. Semmai, tentativi di omologazione perché i suoi insegnamenti rimangono scomodi come lo erano allora. Ricordo i giorni a cavallo fra l'80 e l'81 quando le Br rapirono il giudice D'Urso e, in cambio della sua liberazione, volevano la pubblicazione di certi deliranti comunicati. Si decise di no, fu scontro politico. E Sciascia, collaboratore ambitissimo dei grandi quotidiani, non trovò nessuno che volesse pubblicare i suoi articoli. Così, saliva a fatica le scale di Radio Radicale e si rivolgeva direttamente alle Br. E se D'Urso venne poi liberato, lo si dovette forse a quei suoi discorsi. Sciascia viene oggi dimenticato perché i problemi che sollevava sono ancora i nostri: la giustizia giusta, la responsabilità civile, la separazione delle carriere, niente è cambiato. Ma se dovessi conservare un testamento politico di Sciascia, sarebbe quello della supremazia della legge come collante della convivenza civile. E chiudo qui, auspicando la sua non omologazione e il rispetto per
quello che Sciascia è stato: un uomo buono e giusto. E ricordando infine quello che un giorno disse: " Mi sento come il pesce volante che, se si innalza, gli uccelli lo divorano. Se si inabissa, i pesci se lo mangiano".