Alcuni di voi mi hanno chiesto un testo per il volantino da, eventualmente, distribuire di fronte alle sale cinematografiche dove si proietta il film "Un uomo perbene", dedicato a Enzo Tortora "non radicale". Non e' stato difficile. Ho trovato un bell'articolo di Marco Pannella, pubblicato sul Secolo XIX il 9 aprile 1988 e la scheda che pubblicammo sul Numero Unico in occasione del Congresso di Budapest nel 1989 (me la ricordo bene perche' mi occupai in quella occasione di coordinare a Budapest alcune delle edizioni in altre lingue del Numero Unico, redatto da Roberto Cicciomessere).
Ve le propongo per il volantino. Ci sarebbero da aggiungere alcune note sui referendum "Giustizia Giusta" in corso di raccolta firma.
Il titolo potrebbe essere: "Enzo: un uomo perbene ... e radicale!"
A voi
ml
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La lezione di Enzo
di Marco Pannella (IL SECOLO XIX, 9 aprile 1988)
Enzo Tortora, in questi giorni, è in fermento, in grande attività. Sembra tornato in grandissima forma; legge tutti i giornali, ascolta senza interruzione Radio Radicale, dalla quale interviene quotidianamente e, a volte, più di una volta al giorno, s'informa sulle varie fasi della battaglia alla Camera (come ha seguito quella al Senato) contro l'usurpazione di poteri e il tradimento della Costituzione che il Parlamento sta realizzando in tema di responsabilità civile dei magistrati, voluta dal popolo attraverso il referendum, e invece - ora - tolta dai nostri codici dove pur era prevista, anche se in forme inadeguate. Vuol sapere e dice la sua sulle attività del Partito transnazionale. Termina di mettere a punto, con i suoi legali, le iniziative e le denunce a carico di responsabili della "macelleria giudiziaria" della quale - con processo detto "Tortora" - la Giustizia, il Paese, migliaia di persone hanno sofferto, per volontà e colpa di giudici e altri. Scrive, pensa alla creazione di una "fondazione Enzo
Tortora" per la giustizia, pungola i suoi compagni del Partito Radicale, sferza gli altri, con dolore depurato dalla tentazione pur facile del sarcasmo e dll'invettiva.
Lotta per mangiare, per dormire, per parlare, per ascoltare, per scrivere, per concepire e operare il da farsi. Non ha fretta alcuna: ma l'urgenza di non cedere, di non essere complice, nemmeno per omissione; d'esser esempio e incoraggiamento per i suoi compagni ed il suo Partito. Così in questi giorni vive con passione la sua passione di giustizia.
Ascolta attentamente, s'informa, su quel che gli si dice di globuli bianchi che mancano, di virus da evitare di incontrare ("Ho incontrato perfino la cosiddetta "giustizia"...), di rischi e di possibilità. Valuta decide.
Non ha, non abbiamo un solo giorno cessato di riflettere, di informarci, di capire, d'esser aggiornati sulle quotidiane notizie dei "processi", delle attività giudiziarie, della ragnatela di orrori e di pericoli che continua a tramarsi da Torino a Napoli, da Salerno a Roma, da Palermo a Milano, ovunque. Quel che scopriamo è indicibile, pare: o non detto, se non fra di noi, con il solo mezzo di cui disponiamo, della parola. Con quella di Radio Radicale. Da Napoli non è più un affresco di Goya, che ci viene: è una Guernica del potere, della camorra, della giustizia, della politica; ma poi ci accorgiamo che il nesso è con Catania, con Torino, con Roma, con i "grandi" poteri e la "grande" politica o i "grandi" della politica.
"Se potessi dimettermi una seconda volta da deputato europeo, per la vergogna di quel che accade del referendum, dei processi, della giustizia, di questa legge che si sta votando, lo farei a costo di anni di galera certa, se necessario, anche questa volta", ha dichiarato a Radio Radicale l'altra notte.
E' come incredulo; è addolorato: come è possibile che non vi siano iscritti, che la gente non capisca, che non si sia decine di migliaia... Occorre fare di più...
Guarda Francesca, onnipresente, "che si consuma". Si trattiene, si commuove, vivissimi come sono, l'uno e l'altra, l'uno accanto all'altra, come ai tempi del processo, della lapidazione quotidiana, delle condanne, delle pandette di Pandico, della Legge di Melluso, delle sentenze dei boia, delle infamie dei "cronisti", delle elezioni, della lotta per il partito, "per la vita del diritto e il diritto alla vita.".
C'è la tosse, c'è il respiro che è difficile, i dolori che vogliono imporsi, la febbre che cresca, le misure da prendere per essere "in forma" domenica. C'è, insomma, il "non mollare" che viene straordinariamente praticato e onorato, la cultura che ti sorregge e rende forte, le scorie che se ne vanno, l'essenziale che c'è, che vive, che è speranza, per sé, per gli altri. Questa volta, non abbiamo ancora parlato di elezioni. Ma, ne sono certo, lo faremo, domani o dopo.
Enzo ci mostra, in questi giorni, cosa voglia dire, per noi, "essere" Partito; e non "averne" uno. Grazie.
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Enzo Tortora
("Numero unico" per il 35 Congresso del Partito Radicale - Budapest 22-26 aprile 1989)
17 maggio 1983. Viene arrestato il più famoso show-man televisivo italiano, Enzo Tortora. La sua immagine in manette è data in pasto all'opinione pubblica attraverso la TV di Stato e le prime pagine dei giornali. L'accusa - associazione per delinquere di stampo mafioso e spaccio di droga - priva di qualsiasi prova, si fonda soltanto sulle dichiarazioni interessate di alcuni criminali sedicenti pentiti che, con la complicità dei magistrati, tentano di uscire dal carcere.
Nella stessa notte con un unico mandato di cattura vengono arrestate 856 persone in tutta Italia, e di queste circa cento per... omonimia. Inizia una delle più colossali e infondate istruttorie che la storia giudiziaria ricordi, e Tortora che è un grande beniamino del pubblico viene proposto all'Italia a garanzia della serietà e della importanza dell'istruttoria e del colpo inferto alla criminalità. ``Se l'hanno arrestato, qualcosa ha fatto'' era il dubbio che, nonostante due assoluzioni, doveva rimanere nella gente: di questo sospetto infamante Tortora non è mai stato risarcito.
Ad un anno dall'arresto, in condizioni psicofisiche terribili, Tortora accetta la proposta di candidatura nelle liste del Partito radicale e 500 mila italiani lo eleggono al Parlamento europeo. Egli diventa la bandiera e l'artefice di una grande campagna per una giustizia giusta in un paese nel quale si stanno consumando le più aberranti prassi giudiziarie: i maxiprocessi in cui prima si arresta la gente e poi si cercano le prove; l'uso cieco e senza riscontri della parola dei pentiti; la sistematica violazione del segreto istruttorio da parte di magistrati con la complicità di certa stampa; il disprezzo della libertà e della identità del cittadino.
Una volta eletto, Tortora rinuncia all'immunità parlamentare per consentire lo svolgimento del processo. Condannato a dieci anni in primo grado, Tortora si dimette da deputato e si fa arrestare onorando con un gesto senza precedenti una sentenza ingiusta. Dagli arresti domiciliari continua instancabilmente a battersi per i diritti di quanti, sconosciuti e indifesi, sono vittime delle stesse prassi giudiziarie. A partire dalla sua vicenda, il Partito radicale promuove in Italia un referendum popolare per decidere se i magistrati colpevoli di gravi negligenze debbano o no rispondere del loro operato davanti ad altri giudici.
Nel settembre 1986, dopo oltre tre anni dall'arresto, la Corte d'Appello di Napoli assolve Enzo Tortora con formula piena. Nel giugno 1987 la Suprema Corte di Cassazione afferma definitivamente la totale innocenza di Tortora, il quale avvia contro i magistrati che lo avevano ingiustamente inquisito e condannato un'azione giudiziaria per un risarcimento di cento miliardi da devolvere a iniziative per la giustizia.
Il 7/8 novembre 1987, alla fine di una campagna referendaria drammatica e appassionante, i cittadini italiani sono chiamati alle urne e l'80% di loro dice "sì" alla responsabilità civile diretta del magistrato. Un risultato clamoroso e una grande conquista che, nell'aprile del 1988, con una legge del Parlamento i partiti stravolgeranno. Intanto è esplosa la notizia che Enzo Tortora ha il cancro. A dirlo alla stampa è lui stesso. Sofferente per la malattia che lo sta consumando ma non rassegnato, rivolge un appello all'opinione pubblica, agli uomini dei partiti e al popolo delle carceri perché si mobilitino con il Partito radicale contro il tradimento della volontà popolare.
Muore il 18 maggio 1988 affidando al Partito radicale la proposta di una Fondazione europea per la giustizia che porti il suo nome e abbia tra gli scopi quello di "onorare nel mondo, ogni anno, sia la persona che meglio avrà contribuito ad affermare la Legge e la sua amministrazione, la cosiddetta "giustizia", sia la vittima che avrà saputo non essere connivente e avrà onorato, difendendoli, i valori di umanità, di giustizia e di libertà, senza rassegnazione, senza soddisfazioni facili ed individuali".