Sono grata ai dieci sacerdoti friulani che hanno sottoscritto una lettera nella quale con misericordia e pietà autenticamente cristiana prendono posizione sulla vicenda di Eluana Englaro, definendola una scelta drammatica, ma non un omicidio. I dieci sacerdoti sostengono di essere attraversati da una "riflessione sofferta e rispettosa della storia delle persone e da interrogativi etici laceranti", non hanno certezze, non scagliano anatemi, e vanno al cuore del problema che la gerarchia vaticana pervicacemente nega: "Come è vero che nessuno dovrebbe obbligare qualcuno ad anticipare la propria morte biologica, ci chiediamo se altrettanto è possibile che nessuno sia obbligato a vivere anche in quelle condizioni estreme che inducono a desiderare la morte come una liberazione da una vita considerata impossibile".
I dieci sacerdoti sono – loro – in sintonia con il "sentire" della stragrande maggioranza degli italiani, che, come certificano tutti i sondaggi demoscopici si pronuncia favorevolmente all'interruzione di cure, quando si presentano casi come quello di Eluana Englaro.
E' il sentire cristiano che nei fatti si contrappone al volto arcigno delle gerarchie, come quello delle "piccole" suore che due anni fa parteciparono ai funerali del nostro compagno Piergiorgio Welby, nonostante il divieto della Curia che negò i funerali religiosi.