Alla luce di quanto andiamo apprendendo in queste ore avvertiamo l’esigenza di porre alcune domande alla Procura della Repubblica di Melfi ed in particolare al sostituto procuratore dr. Renato Arminio.
Gentile Procuratore, dopo aver appreso dell’inquinamento della falda acquifera del fiume Ofanto, emerso nel marzo 2009, abbiamo ripetutamente tentato di poter avere accesso ai dati inerenti al monitoraggio ambientale del vulture-melfese ed in particolare ai rilievi effettuati sulle matrici ambientali acqua e terra. Il Direttore dell’Arpab, dr. Vincenzo Sigillito, ci ha risposto che non poteva soddisfare la nostra richiesta, perché quei dati erano stati acquisiti dalla Procura di Melfi.
Devo confessarle che quella risposta non ci ha mai convinto. Perché mai un’inchiesta che va avanti da mesi avrebbe dovuto impedire la divulgazione di dati ambientali che dovrebbero rientrare nella disponibilità di tutti i cittadini lucani e non essere riservati a pochi adepti, quasi si trattasse di materiale top secret?
Paradossalmente, l’inchiesta aperta dalla sua Procura è servita a secretare i dati su alcune matrici ambientali, che del resto non sono mai stati resi pubblici.
Sig. Procuratore, non so se le informazioni di cui sono in possesso rientrano di già nelle sue disponibilità , ma da buon cittadino voglio fornirle alcuni spunti che potrebbero essere utili alla sua attività investigativa.
Possiamo affermare, senza temere di essere smentiti, che l’inquinamento della falda acquifera del fiume Ofanto è stato rilevato già il 6 febbraio 2008 dalla stessa Fenice S.p.A. di San Nicola di Melfi.
Ripeto: le analisi della società che gestisce l’inceneritore dimostrano che già a partire dal 6 febbraio 2008 viene riscontrata la presenza di sostanze cancerogene in concentrazioni di gran lunga superiori ai limiti fissati dal D.Lgs. N° 152/06.
I campionamenti effettuati da Fenice il 15 gennaio 2009 confermavano la presenza di pericolosi inquinanti nella falda acquifera.
La stessa Arpab, il 14 gennaio 2009, accertava la presenza di pericolose sostanze inquinanti.
Per quanto ne sappiamo, Fenice invia regolarmente le sue prove di analisi all’Arpab e la stessa Arpab è tenuta al monitoraggio delle matrici ambientali del vulture-melfese.
Fonti attendibili, però, affermano che Fenice avrebbe utilizzato unità di misura fuorvianti nel trasmettere i dati. Tanto per essere chiari: Fenice anziché utilizzare quale parametro PPB(parti per bilione) avrebbe utilizzato PPM(parti per milione).
Tutto questo,in ogni caso, non chiarisce perché gli attenti analisti dell’Arpab non abbiano saputo interpretare correttamente i dati e,comunque, non sono chiare le ragioni che avrebbero portato l’Arpab a riscontrare solo in data 14 gennaio 2009 l’inquinamento della falda.
Sulla base delle analisi citate, volendo usare un eufemismo, potremmo dire che qualcosa non ha funzionato nelle comunicazioni intercorse tra Fenice e Arpab, tra Arpab e Regione, tra Fenice e Regione, tra Arpab e Comune di Melfi, e tra tutti gli enti interessati.
L’impressione che ne ricaviamo è che tutti sapevano, ma che per qualche oscura ragione nessuno abbia parlato fino al 3 marzo 2009.
Ed è solo il 3 marzo del 2009 che il sindaco di Melfi, Ernesto Navazio, riceve la prima comunicazione. Ad inviarla è L’Arpab Basilicata ai sensi dell’art. 244 comma 1 del D.lgs 152/06. Nella nota Arpab si comunica “il superamento delle concentrazioni di soglia delle acque sotterranee”.
“Bontà loro”, verrebbe da dire. L’inquinamento emerge nel febbraio 2008 e viene comunicato a chi ha il compito istituzionale di tutelare la salute dei cittadini solo il 3 marzo 2009!!! Ma siamo poi sicuri che l’inquinamento abbia inizio nel febbraio 2008? La domanda, visti gli attori che hanno gestito monitoraggi e comunicazioni, è assolutamente legittima.
Una volta ricevuta la comunicazione, il sindaco di Melfi dispone, in data 14 marzo 2009, il divieto di utilizzo delle acque dei pozzi presenti all’interno del perimetro “del sito dell’impianto di termovalorizzazione Fenice, nonché di quelli a valle dello stesso.”
Tutto questo dopo 13 mesi dalle analisi che avevano accertato la presenza di sostanze cancerogene nelle acque di falda.
L’art. 304 comma 2 del D.lgs 152/2006 impone che la presenza di agenti inquinanti oltre i valori di soglia venga comunicata entro le 24 ore agli enti interessati. Eppure Fenice spa riesce a dare comunicazione al sindaco di Melfi solo il 12 marzo 2009.
Signor Procuratore, alla luce di quanto le abbiamo illustrato, ci chiediamo come mai la Procura di Melfi non abbia proceduto al sequestro dell’impianto o quanto meno al fermo cautelativo del forno rotante.
Vorrà convenire che, sulla base delle informazioni in nostro possesso, emergono gravissime responsabilità su questa vicenda. Eppure, per quanto ne sappiamo, al momento la montagna ha partorito un topolino: una sanzione amministrativa a carico di Fenice, che a quanto ne sappiamo non è nemmeno stata pagata.
E’ un diritto dei cittadini lucani conoscere la verità . Ci auguriamo che l’indagine in corso, anche alla luce delle informazioni che le abbiamo fornito, possa procedere con una maggiore velocità .
Intanto, siamo certi che il sindaco di Melfi vorrà tenere nella dovuta considerazione le informazioni che stiamo fornendo.