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Prete in cella per abusi. La rabbia dei fedeli gay: colpito il nostro paladino

• da Libero del 27 maggio 2010

di Cristiana Lodi

 

I gay del gruppo Il Ponte adesso che è in cella temono «il peggio perla sua cagionevole salute». Del resto don Domenico Pezzini, dicono dalla diocesi di Lodi, ha le coronarie talmente malmesse da non sopportare un secondo eventuale infarto. Specialmente a 73 anni suonati. Ma cosa può esserci di «peggio», per un sacerdote (oltretutto di così elevata caratura com’è lui), dell’accusa odiosa e infamante di pedofilia? Secondo la Squadra Mobile di Milano che lo ha intercettato, pedinato, perquisito, fatto arrestare, e secondo la coppia di magistrati Fomo-Robleda che ritengono di avere in mano prove schiaccianti, don Domenico Pezzini ha fatto violenza sessuale su un ragazzino straniero di 13 anni. Ha abusato insistentemente di lui per tre volte, in cambio di tre soldi e qualche cd musicale. Oggi la vittima ha 18 anni e vive in una comunità protetta. Non è chiaro se la denuncia contro il prete sia partita proprio da lì, oppure da qualche tonaca indispettita dalla figura piuttosto scomoda di don Domenico. Già nel ‘68 aveva indispettito il vescovo (defunto) di Lodi, Tarcisio Vincenzo Benedetti. Monsignore lo redarguì e spedì via da Lodi, per le sue battaglie a favore degli omosessuali credenti e tonacati.
Una cosa però è la omosessualità (seppur talare), un’altra e ben diversa è invece la pedofilia, che infatti è punibile perché reato. Domani, per il prete presunto orco, ci sarà l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Giuseppe Vanore. Intanto gli amici de Il Guado, il gruppo di ricerca su fede e omosessualità fondato proprio da lui, dicono di essere rimasti a bocca aperta davanti alla notizia dell’arresto avvenuto lunedì all’alba, ma divulgato alla stampa quaranta ore dopo. «Siamo tutti frastornati», scrive sul sito il portavoce dei gruppo, «la prima sensazione che proviamo è quella dell’incredulità. Se infatti è vero che le nostre strade si sono separate più di venticinque anni fa, è anche vero che la nostra stima
nei suoi confronti è ancora grande: di lui apprezziamo il lavoro fatto con centinaia di gay credenti che ha aiutato a conservare la fede. Don Domenico ha saputo affrontare il tema dell’omosessualità declinando in maniera esemplare la fedeltà al Vangelo e il rispetto per le persone che la vivono in prima persona. La notizia che un prete che gode della nostra stima è stata arrestato con un’accusa tanto grave, ci lascia quindi increduli e frastornati. Facciamo fatica a pensare a lui come al responsabile di un reato tanto odioso e vigliacco».
E in attesa di conoscere la verità, i gay credenti, si danno alla preghiera. Monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi, dice invece di sentirsi «amareggiato per la notizia di questo arresto, che oltretutto
coglie di sorpresa. A questa brutta vicenda noi guarderemo mostrando la naturale fiducia verso la magistratura». E tiene a sottolineare, monsignore: «Don Pezzini è stato ordinato sacerdo te a Lodi, ma vive fuori dalla nostra diocesi dal 1968. Risiede e opera a Milano da oltre quarant’anni e non ha incarichi qui. Nonostante ciò siamo in attesa di conoscere qualche dettaglio in più, qualcosa di preciso almeno, e che ci aiuti a chiarire le dimensioni del caso, che comunque guarderemo con il rispetto rigoroso delle norme canoniche».
Insomma stupore, cautela. Anche se chi indaga assicura di avere in mano prove schiaccianti: «Non mandiamo in galera una persona senza sapere cosa stiamo facendo», spiega in modo generico un dirigente. Ci sarebbero non soltanto le dichiarazioni della giovane vittima, ma anche intercettazioni, materiale trovato sul computer del prete e anche nella sua casa di Milano. Parliamo al condizionale, perché magistrati e investigatori preferiscono il silenzio, «data la tipologia di persona coinvolta». Giustificano.
Quasi che la gravità di un reato contestato, aumenti o diminuisca a seconda della «tipologia di persona» che lo commette.


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