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Ma se Fini cambiasse idea anche sulla droga?

• da L'Opinione del 27 maggio 2010

di Alessio Di Carlo

 

Se proprio pochi giorni fa scrivevamo di come le azioni di disobbedienza civile di Marco Pannella e dei radicali in campo di droga fossero da considerare iniziative con finalità meramente politiche e non come la plateale volontà di commissione di reati, a distanza di poche ore è stato il Gup di Milano, Cristina Di Censo, ad adottare un provvedimento che apre una breccia, sebbene modesta, proprio all’interno della
normativa in materia di sostanze stupefacenti resa, ancor più restrittiva con l’approvazione, a suo tempo, del decreto Fini-Giovanardi.
Davanti al Giudice milanese sono comparsi quattro ragazzi, finiti in carcere per spaccio, rischiando dunque pene tra i sei ed i venti anni di reclusione, per aver fatto "colletta", mettendo 40 euro ciascuno, ricevendone in cambio dal pusher dodici grammi.
Vennero pizzicati dalle forze dell’ordine mentre se ne andavano in macchina e uno di loro cercava di liberarsi della droga, rischiando così una pena tanto ingente poiché, secondo l’orientamento prevalente, "la condivisione della sostanza, antecedente alla spartizione, necessariamente, dimostrerebbe un acquisto ed una co-detenzione finalizzati all’uso non esclusivamente personale".
Ma il giudice ambrosiano ha seguito un iter argomentativo meno "rigido", ritenendo che la norma non possa essere forzata al punto da comprendere anche l’acquisto di gruppo, inteso quale approvvigionamento da parte di più consumatori in concorso tra di loro (il far "colletta" cui facevamo riferimento prima).
Sotto il profilo del disvalore e dei senso dell’ incriminazione, infatti, secondo il Gup di Milano, non può esserci differenza tra la situazione di quattro persone che creano un fondo comune in danaro, formato da quattro parti identiche per comprare la droga insieme e poi dividerla in quattro parti parimenti identiche, e quella del tossicodipendente che paga la propria dose e poi la consuma (fattispecie punita solo in via amministrativa) "altrimenti si giungerebbe al paradosso interpretativo che mentre quattro acquisti operati individualmente l’uno in fila all’altro per uso personale non sono reato mentre un solo acquisto, cumulativo e contestuale da parte di più persone porta ad una condanna compresa fra anni sei a anni venti di reclusione".
Ecco, a prescindere dalla personale convinzione che quello seguito dalla Dottoressa Di Censo sia l’iter argomentativo che dovrebbe presiedere tutta la normativa in materia di cosiddette droghe pesanti, ci chiediamo - e una volta tanto la domanda non è pelosa - se il Presidente della Camera (padre della legge Bossi-Fini in materia di immigrazione ed oggi divenuto paladino dell’integrazione a tutti i costi) non abbia mutato le proprie convinzioni anche riguardo all’altra legge cattivista che cofirmò all’epoca del precedente governo Berlusconi in punto di droga.
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