Â
La storia degli italiani finiti a Cipro per fare una procreazione assistita eterologa interessa poco al sottosegretario di Stato Eugenia Roccella (Corriere, 25 maggio).
Invece di prendere atto della sconfitta di una norma inutile, lancia un appello ai giornalisti a distinguere tra donazione e commercio di gameti. Sì, è accaduto purtroppo che qualcuno abbia venduto un rene, una porzione di fegato, anche solo per fare studiare un figlio per emanciparsi dalla miseria e che sperimentazioni cliniche siano state condotte selvaggiamente nei Paesi poveri. Nessuno può essere d’accordo su questo sfruttamento dei più deboli. Eppure il trapianto di un organo salva una vita umana e dalla sperimentazione clinica nascono nuove medicine. Ed è per questo che tutti hanno pensato a porre regole solidali e nessuno ha mai pensato di vietarli. È l’altra faccia della medaglia del progresso che chiede solo di essere gestito per non tradursi in dolore, iniquità , ingiustizia. Rifiutarlo non serve a nulla. E così dovrebbe essere per l’ovodonazione. Donare un ovocita non è più scandaloso che donare un rene. Mai più nessuno dovrebbe essere costretto ad andare a Cipro per avere un figlio attraverso la donazione eterologa invece che farlo nel proprio Paese secondo le regole della solidarietà e tutele per tutti. In Francia, per esempio, si fa una campagna, anche molto divertente, per invitare le donne a donare i propri ovociti. La fecondazione assistita eterologa forse non è emotivamente facile da accettare per tanti. Al sottosegretario, non chiediamo di capire né di giudicare la legittimità delle aspirazioni di quei cittadini andati a Cipro, ma piuttosto di tutelare anche loro, attraverso quella trasparenza e quelle regole di cui dice di farsi paladina.
Filomena Gallo, vice segretario Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica