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Casa e Chiesa, Vaticano real estate: fa impressione l’elenco completo del più vasto patrimonio immobiliare al mondo, sfuggito a ogni serio censimento, sin qui noto solo agli addetti ai lavori delle segrete stanze pontificie. Stando alle stime (non ufficiali) il 20 per cento dell’intero patrimonio immobiliare italiano farebbe riferimento alla Chiesa di Roma che nella Capitale vedrebbe salire percentualmente la sua potenza edilizia fino a un quarto dell’intero comparto: ventitremila fra terreni e fabbricati (appartamenti, negozi, uffici eccetera) intestati a centinaia di entità diverse fra enti, diocesi, istituti, congregazioni, confraternite, società , tutte realtà comunque riconducibili al Vaticano. Un numero imprecisato di appartamenti per migliaia di unità . Quasi 600 palazzi fra istituti e conventi, 50 monasteri, più di 500 chiese, 22 conventi, 400 immobili fra case generalizie, cliniche private, ospizi, case di riposo, residenze private, scuole, seminari, oratori, una quarantina di collegi e via discorrendo. Un patrimonio continuamente aggiornato e incrementato dal trading immobiliare e da sempre crescenti lasciti e donazioni dei fedeli (su Roma, nel 2008, se ne registrarono la bellezza di 8mila). Calcolando per difetto gli esperti contano inoltre 115mila proprietà il vero tesoro vaticano in tutta Italia.
Da brividi il suo controvalore di mercato. Secondo i responsabili del «Gruppo Re» (Re non sta per Real Estate bensì per Religiosi ecclesiastici) che assiste i ministri del culto nella gestione del loro immenso
tesoro immobiliare «se a metà degli anni novanta i beni delle missioni si aggiravano intorno agli 800 miliardi di vecchie lire, oggi dovrebbero valere dieci volte di più. Il patrimonio nazionale immobiliare della Chiesa raggiunge quasi il 22 per cento del totale italiano, proprietà all’estero escluse».
Secondo un’approfondita inchiesta del Mondo del 2007 la vera svolta sul business del mattone in Vaticano arriva alla fine del 2002 con la nomina del cardinale Attilio Nicora alla presidenza dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica) che si divide la gestione del potere finanziario con la banca pontificia dello Ior (l’Istituto per le Opere di religione) e con il Fondo pensione per i dipendenti vaticani. «L’holdingApsa, che a Roma risulta proprietaria di beni per pochi milioni, perché iscritti a bilancio al costo storico, e accatastati sempre come popolari o ultrapopolari, pur situandosi in pieno centro (...). Ma che invece ha un potere di indirizzo enorme sull’immenso patrimonio che fa capo alla Chiesa e agli oltre 30mila enti religiosi che operano sul territorio». Venticinque anni fa il non ancora baciapile Francesco Rutelli prese la parola in parlamento sul dibattito che seguì l’approvazione della legge che istituiva i fondi di culto, e snocciolò una quantità gigantesca di numeri e indirizzi «per lasciare agli atti della Camera una tale imponente messe di proprietà degli enti ecclesiastici (...). La consistenza gigantesca di questi beni è sotto i nostri occhi, e noi riteniamo di doverla evidenziare al Parlamento
mentre si discute di quali oneri lo Stato debba fronteggiare per assicurare la sussistenza degli enti ecclesiastici e il sostentamento del clero».
Venticinque anni dopo quell’exploit, con Rutelli diventato cattolicissimo dopo la folgorazione sulla via del
Campidoglio e i successivi finanziamenti a grandine per il Giubileo (3.500 miliardi), un altro parlamentare radicale, Maurizio Turco, s’è messo d’impegno per venire a capo del più vasto patrimonio immobiliare mondiale. E giorno dopo giorno, fra il 2006 e il 2007, facendo la spola fra gli uffici del partito invia di Torre Argentina e gli archivi del catasto, ha ricostruito casa per casa le proprietà della Chiesa. Un lavoro immenso. Pazzesco. Sfiancante. Reso complicato dalle non sempre corrette descrizioni degli stabili e degli enti di riferimento riportate sul registro degli immobili. Un lavoro che non tiene però conto del grande affare del turismo religioso (con l’Opera romana pellegrinaggi a farla da padrone) a cui si ricollegano le migliaia di «case per ferie» seguite direttamente dai religiosi per un fatturato annuo da4 miliardi di euro. Ci si dovrebbe soffermare inoltre sul business delle alienazioni dei sacri palazzi - attraverso il cambio di destinazione d’uso - a holding immobiliari, enti istituzionali, attività commerciali e compagnie alberghiere: in tre anni numerosi conventi o seminari sono stati riconvertiti e trasformati in hotel oppure in condominii da 30/40 appartamenti l’uno ceduti o affittati, per un giro d’affari da centinaia di milioni di euro. Un business reso più fruttuoso dalle tante agevolazioni fiscali di cui gode la Chiesa, a cominciare dall’esenzione dell’Ici fino alla detassazione sulle imposte da versare sugli affitti riscossi passando per un migliore trattamento tributario nei confronti degli enti religiosi proprietari dei palazzi storici. Il tesoro immobiliare del Vaticano scoperto dal radicale Turco è da guinness dei primati. Per pubblicarlo tutto occorrerebbe un giornale intero. Ci limitiamo a segnalare le «sigle» religiose con il più alto numero di proprietà fra Roma e provincia: la Cei ne ha 16, l’Opera romana per la preservazione della fede e la provvista di nuove chiese in Roma 54, l’Abbazia di Subiaco 102, l’Apsa 306 (comprese le varie sigle) le Ancelle francescane del Buon pastore 55, ArcipreturaValmontone 350, Arcipretura in Vallepietra 97, Beneficio parrocchiale del capitolo di San Pietro-Vaticano 164+201 (oltre a 114 beni amministrati da Hoerner Arturo), capitolo Subiaco 575, Canonici Albano Laziale 171, Canonici Ariccia 518, Capitolo Basilica S. Maria Maggiore 101, Caritas 70, Vicarie Castel Madama 158, Vicariato di Roma 276, Suore domenicane Santa Caterina 20, Sottocura Sant’Andrea Gallicano 92, Società cattolica di assicurazioni Verona 33, Suprema congregazione sant’Ufficio 133, Santa Sede Città del Vaticano 178, Reverenda Fabbrica di San Pietro 139, Propaganda Fide e suoi istituti di riferimento (1.139, come pubblicato ieri dal Giornale), Congregazione di S. Vincenzo Pauli 161, Pontificio istituto teutonico 211, Pontifica opera per la preservazione della fede 683.