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"Cambiate le pensioni"

• da Liberal del 4 giugno 2010

di Francesco Pacifico

 

Prima il giallo una manovra bis suggerita dal Fondo monetario e poi smentita. Quindi la richiesta formale da parte dell’Unione europea di equiparare già dal 2012 l’età pensionistica tra uomini e donne nel pubblico impiego. A tre giorni dall’avvio della discussione al Senato sulla Finanziaria da 24,9 miliardi di euro, i conti italiani sembrano mostrare un deficit di credibilità.
Se da Roma l’Anm ha annunciato una giornata di sciopero contro i tagli agli stipendi dei magistrati, da Bruxelles è arrivata una nuova sollecitazione all’Italia affinché adegui equipari le diverse età di pensionamento tra uomini e donne in vigore nel pubblico impiego. Situazione che secondo la Corte di giustizia europea è «una palese violazione del principio della parità retributiva».
Soprattutto la Ue - con una"lettera complementare di costituzione in mora" - biasima l’atteggiamento del governo italiano e il tentativo di aggirare la sentenza della corte con equiparazione a 65 anni da realizzare non prima di 8 anni. Dunque, si «persistere in un trattamento discriminatorio».
Ma se la commissione non va oltre l’aspetto giuridico della vicenda, molti economisti in passato hanno calcolato che alzare l’età di ritiro delle donne comporterebbe un risparmio di almeno due miliardi. Non poco in una fase in cui il governo dimezza le finestre di uscita pensionistica per recuperare quasi
3 punti di Pil dal monte deficit.
Se i sindacati fanno quadrato contro il warning, il governo conferma le sue divisioni sulla risposta da dare. Il ministro competente, il titolare del Pubblico impiego Renato Brunetta, fa sapere di voler approfittare del «veicolo della manovra per vedere come rispondere all’Ue e alla Corte di giustizia europea». In ogni caso, conclude, l’esecutivo «risponderà in maniera collegiale e relazioneremo su questo al prossimo Consiglio dei ministri».
Sembra di diversa idea Maurizio Sacconi. Il quale già lunedì prossimo incontrerà a Bruxelles la commissaria europea Viviane Reding per discutere di quella che il responsabile del Lavoro ha definito una «cortese contestazione».
Dalla Cina, dove guida la missione governativa all’Expo di Shanghai, prima ha tranquillizzato che in manovra «non si prevede alcun anticipo per l’innalzamento dell’età pensionabile». Quindi ha sottolineato che l’obiettivo del governo resta quello di «ottenere una deroga». Di conseguenza in questa fase è prioritario capire «quanto vuole essere cogente questa richiesta e quanto rischia di tradursi in una procedura di infrazione».
Va da sé che l’equiparazione nel pubblico impiego finisce giocoforza per riaprire la discussione su una più generale riforma della previdenza, visto che in Italia si spende per le pensioni il doppio di quanto viene riservato alla sanità, finendo per lesinare risorse per l’inclusione nel mondo del lavoro delle categorie più deboli, donne in primis.
La vicepresidente del Senato, la radicale Emma Bonino, una delle prime a porre il problema all’opinione pubblica, ieri spiegava che «l’equiparazione dell’età pensionabile nel pubblico impiego è una manovra che l’Europa ci chiede da tempo per ripristinare equità sociale e per evitare che con risarcimenti pelosi si perpetrino danni nei confronti delle donne che non hanno alcun vantaggio da una uscita anticipata dal mercato del lavoro». Il riferimento è al falso vantaggio «di dover continuare a fare le funambole per ovviare a servizi di assistenza e cura totalmente insufficienti e per giunta avere, per via di una norma anacronistica, qualcosa che sancisce di diritto una discriminazione pecuniaria tra uomini e donne, visto che a meno anni di contributi equivale infatti a una pensione inferiore rispetto a quella degli uomini, quando non pensioni misere».
Al riguardo è utile una ricerca presentata ieri a Roma dalla Microsoft, dalla rivista Wired e dalla fondazione Cotec. E dalla quale si evince che se gli italiani sono concordi nel dire che l’innovazione tecnologica è stata fondamentale nel cambiare in meglio la vita delle donne rispetto alle loro madri, il 40 per cento del campione teme che l’attuale crisi «possa peggiorare la condizione femminile».
L’amministratore delegato diMicrosoft Italia Pietro Scott Jovane - la cui azienda sta portando avanti da due anni un progetto di alfabetizzazione in rosa, "futuro@lfemminile" consiglia di non prendere sotto gamba questo dato. «Perché una vita migliore per tante donne, anche sul piano professionale, assicurerà una società migliore per tutti e ambienti di lavoro più efficaci».
Intanto fa discutere ancora la manovra da 24,9 miliardi di euro che Silvio Berlusconi vorrebbe più votata allo sviluppo e che Giulio Tremonti potrebbe fare fatica a difendere nel passaggio alle Camere. Ieri il Fondo monetario internazionale, attraverso il responsabile delle relazioni esterne David Hawley, ha ribadito di aver «dato il benvenuto alle nuove misure». Parole che vanno lette come l’ennesima precisazione dopo che mercoledì sera l’organismo di Washington aveva diffuso il rapporto conclusivo della missione di ricognizione annuale, redatto però quando non era ancora chiaro da cosa fosse composta la manovra per il biennio 2011-2012.
Quel testo però è centrato sul timore che l’intervento da 24,9 miliardi, senza una crescita sufficiente del Pil italiano, non avrebbe sortito effetti sui nostri conti pubblici. Smentita o meno questa previsione, la stessa analisi è stata espressa con termini meno diretti da Confindustria e da Bankitalia.
All’ultima assemblea generale di viale dell’Astronomia la presidente Emma Marcegaglia ha in diversi passaggi rilevato che il Belpaese ha bisogna di un’ulteriore stretta per ripartire. Soprattutto se la risposta dei mercati agli interventi europei continuerà a essere tiepida. Lunedì scorso, leggendo le sue ultime considerazioni, Mario Draghi aveva sottolineato il carattere depressivo della manovra, aggiungendo che senza una ripresa più massiccia delle esportazioni, l’impresa non avrebbe avuto la benzina necessaria per gli investimenti in ricerca e capitale umano.
Al riguarda osserva l’economista Luigi Paganetto: «Nella relazione del governatore della Banca d’Italia c’è un riferimento molto chiaro al fatto che bisognerà valutare come applicare questa manovra. I contorni non sono ancora del tutto chiari e di conseguenza anche le stime sul recupero dall’evasione fiscale potranno essere credibili soltanto quando conosceremo le grandezze sulle quali si giustificano».
Ma non è solo un problema di trasparenza. L’ex presidente dell’Enea nota che «siccome è prioritario capire se queste misure funzioneranno, non si può non guardare agli avvenimenti che si susseguono a livello internazionale e l’atteggiamento degli investitori, che lamentano un’insufficiente dinamismo dell’Europa.
Il problema non se la crescita sarà dello 0,8 o dell’ 1,5 per cento, ma capire se queste performance riescono a sovvenzionare un welfare molto capillare come quello del Vecchio Continente».


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