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Le donne devono andare in pensione come gli uomini

• da La Discussione del 4 giugno 2010

di Paola Alagia

 

Sulle misure (le finestre mobili con uno slittamento di 12 mesi per i lavoratori dipendenti e 18 per quelli autonomi a partire da gennaio 2011, ndr) per le pensioni di vecchiaia e di anzianità di dipendenti e dirigenti pubblici introdotte nella manovra correttiva, approvata dal governo e ora al vaglio del Senato, piovono i solleciti di Bruxelles. Accanto ai malumori di statali e parti sociali, quindi, l’Italia dovrà tener
conto anche delle richieste della Commissione europea che ieri, in una lettera di costituzione in mora, ha nuovamente chiesto di fissare subito l’equiparazione dell’età pensionabile tra donne e uomini a 65 anni nel pubblico impiego e cioè di anticipare al 2012 il passaggio dell’età pensionabile per le donne. L’Ue in pratica, sollecita a ottemperare alla decisone adottata nel 2008 dalla Corte di giustizia europea in base alla quale «l’esistenza di età pensionabili diverse per funzionari pubblici uomini e donne viola il principio della parità di retribuzione».
La Commissione europea riconosce sì alla Penisola di aver già introdotto nuove disposizioni per adeguarsi alla sentenza della Corte dopo l’avvio della procedura d’infrazione, ma in quest’ultima lettera sostiene pure che tali «disposizioni che porterebbero gradualmente nell’arco di otto anni a una equiparazione dell’età pensionistica fanno persistere il trattamento discriminatorio». Non è la prima volta che Bruxelles si pronuncia sul sistema pensionistico italiano. Il precedente richiamo, dopo aver aperto nel 2005 una procedura d’infrazione contro l’Italia, risale al mese di giugno dello scorso anno al quale l’Italia ha risposto notificando il varo di nuove disposizioni che introducono gradualmente, fino al 2018, un’età pensionabile identica per tutti i dipendenti pubblici. Sul vecchio nodo da sciogliere Maurizio Sacconi, dalla Cina, ha fatto sapere che il governo italiano tenterà di «discutere su questo punto perché è giusto dare alle donne il tempo di organizzare il proprio percorso di vita». Il ministro del Lavoro che ha ricevuto la lettera dal commissario Ue, Vivianne Reding ha poi anticipato di aver chiesto di incontrarlo «lunedì a margine della riunione dei ministri del lavoro per concordare in modo condiviso il percorso». Tuttavia le parole di Sacconi non hanno rassicurato i sindacati a cominciare dalla Cisl che per bocca del suo segretario confederale, Maurizio Petriccioli ha parlato di «una storia già vista che non può avere lo stesso finale in cui le lavoratrici pubbliche devono pagare un nuovo prezzo per equivoci e mancanza di chiarezza tra i governi italiani e la Commissione europea». Marina Porro, segretario confederale dell’Ugl, si è appellata al ministro del Lavoro affinché negozi «la migliore delle soluzioni possibili sull’età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione anche attraverso una preventiva consultazione di tutte le
parti sociali». Marina Porro ha definito «un accanimento la pressione esercitata dalla Commissione sull’Italia, sia in considerazione della crisi in atto, sia dei sacrifici già previsti per i dipendenti pubblici e contenuti nella manovra correttiva». Se il Partito dei pensionati ha respinto al mittente la «nuova, pesante interferenza dell’Unione europea», il deputato del Pdl, Giuliano Cazzola ipotizza un compromesso con le richieste Ue: «Credo ha detto - che il termine del 2016 sia una buona soluzione». Emma Bonino, che da anni con i Radicali si batte per l’equiparazione dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego, è di tutt’altro avviso: «L’urgenza di questa misura, in questo preciso momento di crisi, risulta ancor più lungimirante per tenere sempre un occhio bene attento al bilancio pubblico e ai bisogni delle persone e di una società che cerca di emanciparsi ed evolvere». Secondo la vicepresidente del Senato, infatti, tale equiparazione «è una manovra che l’Europa ci chiede da tempo per ripristinare equità sociale e per evitare che con risarcimenti pelosi si perpetrino danni nei con fronti delle donne». Dal Partito democratico, infine, il deputato Francesco Boccia ha invocato una riforma dell’intero sistema previdenziale: «Noi, compresi quelli che come me hanno quarant’anni, dobbiamo avere il coraggio di dire che in pensione ci andremo a settant’anni e dire alle generazioni più protette che è arrivato il momento di fare sacrifici per i loro figli e per il loro nipoti».


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