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Richiamo Ue sulle pensioni. Il Pd risponde

• da Europa del 4 giugno 2010

di g.d.v.

 

L’aumento dell’età pensionabile delle donne che lavorano nel pubblico impiego, da 60 a 65 anni entro il 2018, alla Commissione europea non basta. Per Bruxelles la decisione presa dal governo nel decreto anticrisi 2009, in ottemperanza a una procedura d’infrazione aperta dall’esecutivo Ue, è troppo blanda e graduale nel tempo. Bisognerebbe invece anticipare l’aumento al 2012, in modo da mettere subito la parola fine a un ingiusta discriminazione che, caso strano, per una volta gioca a favore delle donne.
Il richiamo delle istituzioni europee è giunto al governo nella mattinata di ieri, dopo che il decreto contenente la manovra economica biennale è stato visionato da Bruxelles. Dal testo è infatti scomparso l’articolo che voleva un accelerazione dell’equiparazione fra donne uomini. Accelerazione che comunque non sarebbe bastata all’Europa, visto che l’ipotesi che circolava era di anticipare gli effetti di soli due anni, dal 2018 al 2016. «Il cambiamento adottato dall’Italia non è conforme alla legislazione europea, il periodo di transizione di otto anni non è consentito», ha spiegato un portavoce della Commissione nel corso del briefing quotidiano. «L’ltalia ha due mesi per rispondere» alla nuova richiesta dell’esecutivo Ue e «per comunicare cosa farà: se non cambierà la legislazione potremo chiedere alla Corte di giustizia di condannarla». Il governo intanto ha fatto sapere che della questione se ne occuperà al prossimo consiglio dei ministri. Anche se non si capisce quale sarà la posizione ufficiale. Ad esempio, il ministro Renato Brunetta s’è mostrato abbastanza stupito per il monito della Ue: «Avevamo pensato che fosse corretto aumentare l’età pensionabile un anno ogni due, ma non è stato valutato sufficiente. Occorre una decisione ponderata».
Meno indecisione invece, all’interno dell’opposizione. Per la radicale Emma Bonino non c’è tempo da perdere: «Si tratta di una misura che l’Europa ci chiede da tempo per ripristinare equità sociale e per evitare che con risarcimenti pelosi si perpetrino danni nei confronti delle donne, che non hanno alcun vantaggio da una uscita anticipata dal mercato del lavoro. Il governo provveda subito». Per il Pd invece la soluzione è un’altra, più flessibile. La spiegano i deputati Cesare Damiano e Sandro Gozi: «Siamo per un’età pensionabile inserita in un range compreso fra i 60 e i 70 anni, all’interno del quale i lavoratori e le lavoratrici possano esercitare una scelta individuale e volontaria. In questo modo poi si possono utilizzare i risparmi derivanti dal nuovo regime per disegnare un nuovo sistema di welfare basato sull’effettiva eguaglianza di opportunità tra uomini e donne, che concili il lavoro familiare e la vita professionale».


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