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Se nessuno parla del rapporto Unep sulla fame

• da Terra del 9 giugno 2010

di Giorgio Frasca Polara

 

Con una popolazione mondiale che al 2050 si stima in 9,1 miliardi di persone, la predilezione occidentale per bistecche e formaggi diverrà insostenibile: serve dunque un cambiamento della dieta globale. Lo afferma un rapporto dell’Unep (ufficio Onu per il programma ambientale) secondo cui l’esigenza di mutare in radice gli elementi-base dell’alimentazione risponde a tre esigenze: salvare il mondo dalla fame, fronteggiare la penuria di combustibili compatibili, fare i conti con il riscaldamento climatico. L’anno scorso la Fao aveva fatto sapere che la produzione di cibo dovrà aumentare del 70% a livello globale entro la fatidica data del 2050 per alimentare la popolazione: secondo l’organizzazione alimentare dell’Onu i progressi tecnologici non basteranno a controbilanciare l’aumento demografico.
«Gli impatti dell’agricoltura sottolinea il rapporto, praticamente inedito in Italia - dovrebbero aumentare in misura sostanziale perché la crescita della popolazione aumenterà i consumi di prodotti animali. A differenza dei combustibili fossili, è difficile trovare alternative: la gente deve mangiare. Una riduzione degli impatti sarà possibile solo con un sostanziale cambiamento dell’alimentazione mondiale, che faccia a meno di prodotti animali». Il prof. Edgar Hertwich, che ha coordinato il rapporto, ha spiegato al quotidiano britannico The Guardian che «i prodotti di origine animale causano più danni all’ambiente
che la produzione di minerali per costruzione, come sabbia o cemento, plastica o metalli. Le biomasse e le colture per mangimi animali sono dannose come bruciare combustibili fossili».
Gli esperti dell’Unep hanno classificato vari prodotti, risorse, attività economiche e trasporti a secondo dei loro impatti ambientali. L’agricoltura è stata classificata allo stesso posto del consumo di combustibili fossili perché entrambi aumentano in fretta con l’accelerazione della crescita economica. E infatti il copresidente del gruppo, l’esperto ambientale Ernst von Weizsaecker, ha sottolineato che «il crescente benessere provoca un cambiamento della dieta in favore di carne e latticini». «l’allevamento di animali - ha aggiunto - consuma gran parte dei raccolti mondiali e, di conseguenza, moltissime quantità di acqua,
fertilizzanti e pesticidi». Teniamo conto che l’agricoltura, in particolare per la produzione di carne e
latticini, assorbe il 70% dei consumi mondiali d’acqua e il 19% delle emissioni di gas serra. In buona
sostanza sia l’energia che l’agricoltura vanno "staccate" dalla crescita economica perché gli impatti
ambientali, secondo il rapporto, aumentano dell’80% con un raddoppio del reddito disponibile.
L’Unep stila quindi la lista delle priorità ambientali per i governi di tutto il mondo: cambiamento
climatico e dell’habitat, riduzione drastica dell’uso di azoto e fosforo nei fertilizzanti, minor sfruttamento
di pesca, foreste e altre risorse invasive, maggior controllo della potabilizzazione dell’acqua e maggiore sicurezza delle fognature, minore esposizione al piombo, riduzione dell’inquinamento atmosferico urbano. E siccome di questo rapporto nessuno in Italia parla, ecco che i parlamentari radicali del gruppo Pd della Camera hanno chiesto al presidente del Consiglio e ai ministri delle Politiche agricole, dell’Ambiente e degli Esteri se per caso il governo sia a conoscenza del richiamo dell’Unep, se intende avviare approfondimenti mirati alla situazione nel nostro Paese, quali iniziative, e in quali sedi, si intendano adottare per misurarsi con le priorità che vi vengono indicate. Chissà se qualcuno di loro, nel rispondere chissà quando all’interrogazione, raccoglierà il guanto lanciato da Achim Steiner, vicesegretario generale dell’Onu e direttore esecutivo dell’Unep: «Il fermo del degrado dell’ambiente è la sfida principale per i governi in un mondo con popolazione crescente, redditi crescenti, consumi crescenti e la sfida permanente della riduzione della povertà»? C’è più di un motivo per dubitarne.


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