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La sinistra ci ripensa: basta fango su Israele

• da Il Giornale del 9 giugno 2010

di Fiamma Nirenstein

 

La nuova strategia afgana, adottata sulla base delle indicazioni del Presidente Obama (che, ricordo prevedono: intensificazione delle operazioni contro i Talebani, progressivo inserimento in campo delle forze armate e di polizia afgane, potenziamento del sostegno allo sviluppo civile, avvio di contatti sul piano diplomatico in ambito internazionale allargato) per giungere ad una conclusione del conflitto in termini accettabili e garanti della democrazia e del rispetto dei diritti umani, sta trovando, a detta di molti osservatori, dello stesso Generale Mc. Christal, e del ministro della difesa Usa, Gates, notevoli difficoltà. In una recente dichiarazione, il ministro ha ammesso: "Non vi è la certezza che qui (in Afghanistan), si possa ottenere una vittoria militare convenzionale, ..... sembra quasi che si sia finiti in un baratro". Sia la dichiarazione che il livello della fonte, destano di certo grave preoccupazione.
Effettivamente i segnali che giungono da quel teatro, non sono affatto incoraggianti. La speranza che nelle aree liberate dal controllo talebano la struttura politica e di sicurezza governativa potesse riuscire ad assumere il controllo dell’area, garantendo una ripresa pacifica e sicura dell’attività delle popolazioni indigene, trova grosse difficoltà, principalmente per due ragioni. La prima consiste nella debolezza del governo di Karzai, che non è assolutamente in condizione di governare e garantire la sicurezza nelle aree liberate perché non gode di alcun prestigio presso le diverse tribù ed etnie del territorio. Un importante uomo politico afgano dichiara: " Il problema non è la forza dei Talebani, il problema è la debolezza del governo".
La seconda è dovuta al fatto che anche in queste aree i Talebani riescono a reinfiltrarsi, a nascondersi e a terrorizzare la popolazione, assassinando oloro che collaborano con i militari della Nato o con il governo, per poi scomparire. Un altro fattore d’estrema gravità è quello denunciato dal Fintraca, una speciale agenzia dei servizi segreti afgani costituita quattro anni fa per la lotta contro il finanziamento dei terroristi, che segnala la presenza di un grande e continuo flusso di denaro dall’Arabia Saudita verso le strutture di Al Queda in Pakistan. Con tali risorse i seguaci di Osama sostengono finanziariamente i Talebani ed impediscono loro il distacco richiesto da Karzai per l’avvio di trattative.
Infine, lo stesso generale Mc Christal accusa apertamente l’Iran di fornire grosse quantità di armi ai Talebani, sulla base delle catture effettuate dalle sue truppe nelle recenti operazioni. Questi elementi, in qualche misura nuovi, complicano ulteriormente la situazione afgana, indebolendo le speranze di una fine del conflitto in tempi accettabili. Ai punti fondamentali della strategia enunciata dal Presidente Obama, che vanno mantenuti e perseguiti, si deve aggiungere un forte impegno per trovare un accordo politico interno tra Karzai e i capì delle diverse tribù, dei quali va rispettata l’autorità in loco, per dar vita ad un governo forte di coalizione. Tale nuovo elemento appare essenziale per mettere a frutto i successì militari, garantire sicurezza e sviluppo alle popolazioni, indurre i Talebani a più miti consigli e poter sperare nella pacificazione dell’area.



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