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Intercettazioni: si del Senato. E il Pd sceglie l'Aventino

• da Secolo d'Italia del 11 giugno 2010

di Valter Delle Donne

 

Quando alle 13,50 il presidente del Senato Schifani legge il via libera al ddl intercettazioni nell’aula semideserta non si sentono né applausi né proteste. È il silenzio dopo la bagarre: la fiducia (scontata) è passata con il voto di appena 189 presenti: 164 sì, 25 no. Come da copione a favore Pdl e Lega, contrari Idv, Udc, Api e radicali. La scelta dei Democratici di rimanere fuori dall’aula ha lasciato campo libero e visibilità ai dipietristi.
In questa legislatura hanno scelto il ruolo alla Belushi: quando il gioco si fa duro iniziano a giocare. Il capogruppo in Senato Felice Belisario, (fisico alla Peter Sellers, nome da commedia di Scarpetta) ha imparato la lezione del suo leader: qualche slogan e molto folclore. Prima ha fatto asserragliare i suoi nell’aula il giorno prima. «Siamo rimasti qui tutta la notte - racconta con il piglio del reduce, Luigi Li Gotti - e ci siamo allontanati a turno solo per andarci a fare la barba». Poi l’occupazione dei banchi del governo per rallentare i lavori parlamentari. La cronaca parlamentare di ieri mattina ha visto il presidente del Senato nel ruolo di un arbitro alle prese con un derby all’ultimo sangue. Hai voglia ad agitare la campanella, i dipietristi sono un osso duro. Neanche la minaccia di impedire la diretta televisiva (l’unica vera jattura per Di Pietro e i suoi parlamentari) sortisce effetti. Alla fine la sola soluzione è il cartellino rosso. Tutti fuori dall’aula fino al voto. Era quello che cercava Antonio Di Pietro. Dal presidio di piazza Navona, l’ex pm riceve la notizia e arringa la folla. «Invito i cittadini a partecipare alla resistenza perché non c’è niente di peggio che stare alla finestra. Abbiamo resistito finché non è arrivato l’ordine del cosiddetto presidente del Senato che ha disposto l’espulsione dei parlamentari dell’Idv dai banchi del governo e anche dall’aula». L’ex pm usa le solite espressioni al napalm. Parla di «stato di illegalità permanente nel Parlamento» e denuncia «un atto di prevaricazione che neanche ai tempi di Mussolini si sarebbe fatto», invitando poi «i cittadini a ribellarsi». Annuncia, neanche a dirlo, «resistenza» anche alla Camera. Ma l’attacco più duro è proprio contro l’opposizione. «Svegliatevi perché fare Ponzio Pilato è quasi peggio che essere Erode». Ecco perché al confronto le dichiarazioni di voto della presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro sembrano carezze per il governo: «Il mio gruppo - dice l’esponente democratica prima di abbandonare l’aula insieme a tutto il gruppo - non parteciperà al voto di fiducia, perché risulti chiaro il fatto che qui oggi comincia il massacro della libertà».
Con più di una defezione: Pietro Ichino e il gruppo dei Radicali, guidati da Emma Bonino, partecipano al voto pur votando contro. Ed è ancora più raffinata rispetto ai parametri dipietristi la "protesta" dei senatori a vita. Tutti e sette partecipano al voto, ma saltando la prima chiama. II tutto non pare preoccupare più di tanto maggioranza e governo. Forse non è un caso che durante le dichiarazioni di voto il ministro della Giustizia Angelino Alfano tiri fuori un Ipad nuovo di zecca e cominci a studiarlo insieme a un collega di partito. Dopo aver incassato il via libera di Palazzo Madama lancia messaggi distensivi all’opposizione: «Il testo precisa il Guardasigilli - è un punto di equilibrio e più volte abbiamo aperto al confronto nella maggioranza e nell’opposizione dimostrando grande ragionevolezza e disponibilità». E aggiunge: «Sui quattro punti principali si è arrivati al risultato della Camera e oggi a questo sereno voto di fiducia». Quel voto «sereno» che inorgoglisce Alfano è invece motivo di attrito nell’opposizione. Non sono solo i dipietristi a puntare il dito contro la scelta del Pd di abbandonare l’aula del Senato e di non votare il ddl. «Un comportamento ridicolo e fuori scala», attacca Gianluca Ansalone, direttore di "Ventuno", think tank di Alleanza per l’Italia. I rutelliani si dicono «indignati per un’opposizione che semplicemente non sa fare il proprio mestiere». Per Ansalone «in aula ci si resta e si vota no. Se questa è
la sfida che il Pd intende lanciare alla maggioranza e al governo...». Opposizione troppo serena? Il dubbio evidentemente serpeggia nel partito di Bersani. A Montecitorio l’atteggiamento sarà più deciso, lascia intendere Walter Veltroni che definisce il ddl «una ferita aperta e molto profonda anche per il modo in cui è stata approvata» e augurandosi «che alla Camera si possa discutere senza blindature, come è diritto di ogni parlamentare».
Sul provvedimento in arrivo a Montecitorio chiede di rinunciare alla blindatura anche Fabio Granata. «Sulle intercettazioni ambientali e sui reati spia ai reati di mafia come traffico dei rifiuti, usura ed estorsioni - spiega il deputato Pdi - la decisione di porre la fiducia al Senato ha impedito delle modifiche auspicabili nel contrasto alle mafie e alla criminalità organizzata». Il vice presidente della commissione antimafia auspica «un percorso di revisione del testo concordato e limitato a questi punti» visto che «la posta in gioco è alta e merita uno sforzo straordinario per individuare un percorso politico e parlamentare».
In serata arriva anche una dichiarazione di Giorgio Napolitano in risposta agli appelli a non promulgare la legge. «I professionisti della richiesta al presidente della Repubblica di non firmare sono numerosi, ma molto spesso parlano a vanvera. Comunque - taglia corto il capo dello Stato - non ho nulla da dire su questi argomenti, su cui ho detto o ho fatto dire negli ultimi giorni, e non ho nulla da aggiungere.


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