Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
sab 27 apr. 2024
  cerca in archivio   RASSEGNA STAMPA
Bavaglio al Senato

• da Il manifesto del 11 giugno 2010

di Sa. M.

 

L’opposizione c’è, ma ognuno la fa come gli pare. Tanto che quando la legge passa al Senato con tanto di maggioranza blindata e voto di fiducia, più che la notizia in se finiscono per far rumore le divisioni interne al Pd e il nuovo scontro tra l’Italia dei valori e il Quirinale sulla firma al testo finale. In effetti, la fiducia al ddl Alfano è un atto annunciato. Un modo per blindare la legge sulle intercettazioni evitando di esporla ai malumori interni che intanto hanno ripreso a crescere (specie quelli di area finiana).
Eppure, l’opposizione si presenta all’appuntamento divisa in tanti pezzetti. L’Italia dei valori ha bruciato tutti sul tempo. Da mercoledì sera ha deciso di occupare l’aula del senato per provare ad impedire il voto e ha srotolato tricolori sui banchi del senato. Al mattino, il capogruppo Belisario è più arzillo del solito e propone di occupare i banchi del governo: «Faremo di tutto per impedire questa schifezza».
Alle dieci di mattina, Schifani decide che i senatori ribelli andranno tutti sgomberati, ma l’effetto è riuscito. Antonio Di Pietro si garantisce un posto in primissima fila: «Abbiamo resistito finché non è arrivato l’ordine del cosiddetto presidente del Senato che ha disposto l’espulsione dei parlamentari dell’Idv dai banchi del governo e anche dall’aula». Quindi si presenta ai pochi accaldati manifestanti che protestano in una viuzza di fronte al senato. E lancia un nuovo appello: «Riteniamo che quello che abbiamo fatto noi possa essere ripetuto in tutta Italia». L’Italia dei valori resisterà, anche alla Camera. Cosa combinerà il Pd non è affar loro. Il problema semmai è quel che farà il presidente della repubblica. Ma sul punto, a metà pomeriggio, il presidente della repubblica risponderà con durezza: «I professionisti della richiesta al presidente della Repubblica di non firmare sono numerosi, ma molto spesso parlano a vanvera. Comunque non ho nulla da dire su questi argomenti».
Davanti allo show mediatico dell’Idv, almeno un pezzo del Partito democratico morde il freno. E la capogruppo Anna Finocchiaro decide la mossa a sorpresa. Quando l’aula riprende i suoi lavori e tocca a lei esporre quel che pensa il principale partito dell’opposizione, spiega che il Pd abbandonerà l’aula. «Il mio gruppo dopo l’assemblea mi ha dato mandato di annunciare che non parteciperemo al voto di fiducia su questo provvedimento».
La seguono quasi tutti, ma c’è chi resiste. Non ha voglia di lasciare i banchi del senato Franco Marini, che si attarda a lungo prima di seguire i suoi. Storce il naso anche Marco Follini, che una volta fuori si lascia sfuggire coi cronisti: «Abbiamo scoperto il ‘68 con trent’anni di ritardo». Pietro Ichino non si adegua: resta in aula punto e basta. La verità, spiega qualcuno, è che non è vero che la presidente Finocchiaro
abbia una delega in bianco. Durante l’ultima assemblea, il gruppo le avrebbe semplicemente comunicato di scegliere in aula la forma più opportuna di protesta. Quella di ieri, però, non ha convinto quell’area trasversale, che include l’ex presidente del senato Franco Marini, ma anche Beppe Fioroni e Vannino Chiti. E non convince neppure i radicali, tanto che la vice presidente del senato Emma Bonino interviene per dire che l’ultimo emendamento sui limiti alle dirette radio e tv proprio non va: «Partecipiamo al dissenso, ma preferiamo restare in aula e votare no. La maggioranza ha argomentazioni fragili: cosa c’entra la tutela della privacy con la decisione di limitare le dirette dai processi trasmesse da Radio Radicale?».
Infine, ci sono le scelte sparse. L’Udc resta in aula, mentre l’Mpa abbandona la propria maggioranza al suo destino. Escono pure tutti e sette i senatori a vita. Alla fine, l’aula del Senato approva la questione di fiducia con 164 sì e 25 no.
L’intero pacchetto passa alla Camera, dove la situazione potrebbe complicarsi per i dissidi interni alla maggioranza, anche Alfano considera superati i tempi della discussione: «Il ddl è rimasto nelle aule due anni, mi pare un tempo congruo per il confronto tra maggioranza e opposizione». E Gasparri esulta: «Noi abbiamo discusso e adesso votiamo compatti, l’atteggiamento dei colleghi del Pd non è democratico»


IN PRIMO PIANO







  stampa questa pagina invia questa pagina per mail