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Rai tutta sbagliata e tutta da rifare. Alla vigilia del varo dei nuovi palinsesti (oggi verranno presentati ufficialmente dalla Sipra agli inserzionisti a Milano, domani a Roma; per la cronaca, su Annozero di Michele Santoro resta l’incognita) e di un nuovo giro di nomine, il leader Pd Pier Luigi Bersani ingrana la quarta su viale Mazzini. L’azienda è ridotta «al degrado», scrive in una lettera al Corriere della sera. Il conflitto d’interessi arriva ormai al parossismo, con l’interim delle attività produttive ancora nelle mani di Silvio Berlusconi. Per questo il segretario rilancia la proposta - già di Walter Veltroni - di un nuovo amministratore delegato scelto dal Tesoro e un nuovo cda espresso anche da regioni e comuni. E sfida al ministro Tremonti: «Se vuole la libertà d’impresa può dimostrarlo con il caso della Rai che è invischiata in diecimila vincoli e snaturata come impresa, opera contro se stessa». In pratica Bersani chiede l’azzeramento dei vertici e una riforma che benefici di un canale preferenziale di approvazione. Applausi dal campo democratico («II sasso in piccionaia, è arrivato», scrive oggi il presidente della commissione Vigilanza Rai Sergio Zavoli in un’altra lettera, sempre al Corriere). L’Idv si associa alla richiesta di azzeramento dei vertici e di nuove regole che «liberino la Rai dai partiti»; anche perché, fa notare il capogruppo alla camera Massimo Donadi, la loro «fino ad oggi è stata l’unica forza politica ad essere penalizzata con l’esclusione quasi totale dai tg». Scettico invece il segretario radicale Mario Staderini: questione seria, commenta, ma «l’estensione a regioni e comuni del potere di nomina del cda non rimuove il controllo partitocratico, semmai lo diluisce nel centri di potere locale», Ai radicali del resto da sempre, piace una Rai privatizzata che però anche rispetti «gli obblighi di servizio pubblico». Sberleffi e silenzio da parte Pdl. Che non impressionano il segretario Pd: finché Tremonti non risponde, avverte Bersani, «noi non staremo fermi».
Fermi al loro posto, senza alcuna intenzione di fare le valigie, invece restano i consiglieri di amministrazione indicati dal centrosinistra, anche se non da Bersani direttamente che all’epoca delle ultime nomine non era ancora al timone del Pd. «Bene ha fatto il segretario del Pd a dire che questa governance della Rai non funziona e che l’attuale gestione della maggioranza e del direttore generale squalifica il servizio pubblico» commentano Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten. «Separare indirizzo e gestione della Rai è necessario, perché è l’unico modo per allontanare la cattiva politica dall’azienda». E però, per quanto li riguarda, niente dimissioni, per ora. «Finché questa proposta non riuscirà ad affermarsi continueremo la nostra battaglia nel cda per la difesa del pluralismo e degli interessi dell’azienda e di chi ci lavora». Anche se nei fatti si tratta, nel migliore dei casi, di pura testimonianza.