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La legge «bavaglio» potrebbe essere rimandata a settembre: Berlusconi potrebbe accettare il rinvio, ma non vuole modifiche. Su queste apre invece Umberto Bossi, ben accolto dai finiani. Pdl in cerca di accordo. Sono ore di trattative nel Pdl sul ddl intercettazioni, tra l’ala berlusconiana e i finiani. Dal vertice del partito riunito a Palazzo Grazioli i messaggi usciti sono contraddittori: la partita è aperta, ma solo sui tempi. Berlusconi potrebbe mandare giù il boccone amaro di veder scivolare la legge «bavaglio» a settembre. Questo temendo il «boicottaggio» da Fini con un voto ad agosto, più che dare un contentino al presidente della Camera che vuole dare precedenza in aula alla manovra. decreto che decade il 30luglio. E il calendario dei lavori è chiuso al 31 luglio (lo segnala anche la Velina Rossa dopo un colloquio con Fini). Ma il patto potrebbe restare a senso unico, con Berlusconi che mantiene blindato il testo passato al Senato, per evitare una quarta lettura. E ogni modifica dovrebbe ripassare dall’ufficio di presidenza del Pdl: una trappola, secondo i finiani, che darebbe modo al premier sbattere fuori chi non si attiene alle «sue» direttive di partito. Il leader della Lega ieri ha aperto alla possibilità di cambiamenti: «C’è spazio, se qualcuno presenta un emendamento non verrà buttato nel cestino». Una mano tesa raccolta dai finiani Bocchino e Granata che vedono «segnali di cedimenti». Ma Niccolò Ghedini lo esclude: «A me non risulta» che la maggioranza stia discutendo di modifiche al ddl,ha detto dopo aver partecipato al vertice a Palazzo Grazioli, con i tre coordinatori Bondi, Verdini (sempre più inguaiato) e La Russa, poi i capigruppo Gasparri e Cicchitto, benedetti da Gianni Letta. La Russa esce dicendo tutto e niente: si è discusso solo del calendario e non delle modifiche: «Non ci sono pregiudiziali sul fatto che uno dei provvedimenti, intercettazioni, manovra e riforma dell’università , debba andare per forza prima dell’altro».
Un messaggio a Fini: le intercettazioni valgono quanto la manovra, si deve approvare tutto al più presto. Il «triunviro» La Russa ribadisce che «per noi il testo definitivo è quello del Senato, ma il Parlamento è sovrano, non possiamo impedire che vengano apportati emendamenti». Nel Pdl si cerca un compromesso, perché al momento nessuno vuole arrivare a una rottura. Non prima, per Berlusconi, di essersi assicurato la possibilità di rimpiazzare la pattuglia di Gianfranco con quella di Pierferdinando e andare al voto anticipato (smentiti gli abboccamenti all’Api rutelliana). Ma su Casini è Bossi a porre il veto. Il Senatur non vuole spostare gli equilibri nel governo e apre alle modifiche guardando al Pd, per non perdere la sponda sul federalismo. Oggi il ddl intercettazioni inizia l’iter in commissione Giustizia alla Camera, presieduta dalla finiana Giulia Bongiorno (che ieri sera ha incontrato Ghedini). «Nessuna trattativa è possibile su quei tre punti da cambiare, per noi», spiega il finiano Granata (accusato dai pontieri Augello e Moffa di ributtare Fini in una trincea isolata). I limiti di tre giorni agli ascolti ambientali; i reati spia, la proroga a tempo. E la scure sulla stampa. Carmelo Briguglio, su Generazione Italia, con toni pacati ricorda il rischio che il Quirinale rimandi la legge alle Camere.
A settembre la legge potrebbe impantanarsi, oppure ci potrà essere la resa dei conti nel Pdl. Certo se il testo sarà blindato «vedremo come votare», spiega Granata. Sarebbe duro per i finiani, in casa, dire sì a un’altra fiducia.