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Tre giorni in crescendo, fino al livello più alto: la nota di protesta e lo «sdegno» della Segreteria di Stato, le parole dure del cardinale Tarcisio Bertone sul trattamento «senza precedenti, nemmeno nei regimi comunisti» riservato all’intera conferenza episcopale belga e adesso la «deplorazione» dello stesso Papa. Benedetto XVI, ieri mattina, ha inviato al primate André-Joseph Léonard un messaggio per esprimere a lui e a tutti i vescovi del Belgio, «in questo triste momento», tutta la sua «vicinanza e solidarietà » per «le sorprendenti e deplorevoli modalità con cui sono state condotte le perquisizioni nella Cattedrale di Malines e nella Sede dove era riunito l’episcopato belga».
Joseph Ratzinger è un uomo di grande cultura che usa con finezza il linguaggio: la lettera non «deplora» indagini o eventuali perquisizioni della Procura sui casi di pedofilia nella Chiesa ma «le modalità » con le quali sono state condotte giovedì. I vescovi trattenuti per nove ore nell’arcivescovado, i dossier, computer e telefonini sequestrati, soprattutto il fatto che si sia arrivati a profanare con i martelli pneumatici le tombe di due cardinali nella cripta della cattedrale, alla ricerca (vana) di documenti nascosti.
Tra l’altro, considera il pontefice, la «sessione plenaria» dei vescovi belgi interrotta bruscamente dalla polizia «avrebbe dovuto trattare anche aspetti legati all’abuso di minori da parte di membri del clero». Ed è qui che Benedetto XVI scrive il passaggio forse più significativo. Il Papa conferma la sua linea di trasparenza e collaborazione, «auspico che la giustizia faccia il suo corso», e spiega: «Più volte io stesso ho ribadito che tali gravi fatti vanno trattati dall’ordinamento civile e da quello canonico, nel rispetto della reciproca specificità e autonomia».
Sono parole che richiamano quanto il pontefice scrisse il 19 marzo, nella lettera ai fedeli d’Irlanda, rivolgendosi in particolare ai vescovi: «Oltre a mettere pienamente in atto le norme del diritto canonico nell’affrontare i casi di abuso dei ragazzi, continuate a cooperare con le autorità civili nell’ambito di loro competenza». La collaborazione e il rispetto tra la giustizia della Chiesa e quella civile devono essere reciproci. Ma in Belgio si è manifestata quella «radicale mancanza di fiducia» di cui ha parlato Padre Federico Lombardi: tanto che la polizia è arrivata a sequestrare i 475 dossier raccolti dalla commissione indipendente istituita dalla Chiesa, con personalità esterne e rappresentanti del ministero della giustizia, per fare luce sui casi di abusi. Il problema è che alcuni dossier raccontano crimini caduti nel frattempo in prescrizione, per la giustizia civile, vicende che le stesse vittime hanno segnalato alla commissione chiedendo l’anonimato. Per questo il Vaticano ha mostrato irritazione, «si è violato il loro diritto alla riservatezza». Questione di «rispetto», per le «persone» come per le «istituzioni»: vedi anche il «sequestro» dei vescovi e la profanazione delle tombe. Così il Papa, richiamate la «reciproca specificità e autonomia» degli ordinamenti ecclesiastico e civile, conclude richiamando i magistrati a non passare i limiti: «In tal senso, auspico che la giustizia faccia il suo corso, a garanzia dei diritti fondamentali delle persone e delle istituzioni, nel rispetto delle vittime, nel riconoscimento senza pregiudiziali di quanti si impegnano a collaborare con essa e nel rifiuto di tutto quanto oscura i nobili compiti ad essa assegnati».