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Le parole della Curia sono dure, e forse suonano ancor più pesanti per chi si è speso per togliere dal titolo della delibera la parola «pari opportunità » lasciando un più diretto «riconoscimento delle unioni civili». Un modo per tutelare i diritti dei conviventi, comprese le unioni gay, senza stabilire pari opportunità con il matrimonio. Eppure, oggi, non c'è imbarazzo tra i cattolici del Pd. Rivendicano la loro scelta: «Non avendo equiparato le unioni civili al matrimonio, ma riconosciuto alcuni diritti fondati sulla continuità di una convivenza e di una relazione affettiva, è difficile sostenere che si svaluta, l'istituzione matrimoniale», spiega Stefano Lorusso. «Proprio perché sono relazioni cui sono garantiti diritti e tutele diversi si riafferma la centralità sociale ed educativa del matrimonio». Anche Domenica Genisio, che ha proposto l'emendamento poi approvato, difende la sua scelta: «Non abbiamo innovato nulla. Però dobbiamo avere il coraggio di guardarci intorno e vedere che ci sono soggetti, soprattutto le coppie gay, con rapporti seri ma nessuno strumento giuridico a loro tutela. Hanno diritto a non essere messi alla gogna come è accaduto per tanto tempo».