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C'è poco di che andare fieri, nella delibera approvata lunedì scorso dal Consiglio comunale di Torino che istituisce un nuovo certificato anagrafico per le "unioni civili". E la diocesi di Torino prende posizione. In un comunicato diffuso ieri e che si trova integralmente pubblicato sul sito www.diocesi.torino.it si legge: "Non condividiamo la recente delibera comunale in quanto va nella direzione di azioni tendenti a svalutare l'istituto della famiglia. Infatti si enfatizzano vincoli alternativi influendo così su una formazione di mentalità libertaria dove ognuno vorrebbe che ogni sua scelta di vita ottenesse comunque una legittimazione di copertura giuridica. In questo modo il Comune diventa uno strumento di scelte ideologiche". Il provvedimento è stato votato dai consiglieri del Pd e con il no di Alleanza per l'Italia, Destra e Udc. I consiglieri di Pdl e Lega erano quasi tutti assenti, per partecipare alla manifestazione in sostegno della Giunta regionale (si attende per metà luglio la sentenza del Tar su alcuni brogli nel voto di marzo, che potrebbero portare all'annullamento delle elezioni). La delibera comunale nasce da una raccolta di firme promossa dai radicali, e non rientrava nei programmi della Giunta guidata da Sergio Chiamparino, che però l'ha comunque fatta propria. La decisione del Comune di Torino, inoltre, viene presa nel "vuoto legislativo", poiché non esiste ancora un quadro normativo nazionale in materia. E dunque ha un significato "politico e simbolico", come ha sottolineato lo stesso capogruppo Pd. Il provvedimento interesserebbe circa 30 mila coppie, di cui 500 omosessuali. "Sarebbe bene, seguendo la Costituzione italiana - si legge ancora nel comunicato della diocesi torinese - che chi ha responsabilità dedicasse il proprio impegno prioritario e le proprie risorse, anche economiche, alla famiglia, quella che con il vincolo matrimoniale garantisce l'unione degli sposi e l'equilibrio affettivo ed educativo dei figli. Siamo un paese in grave crisi demografica e una delle ragioni di questa situazione è certamente l'annosa carenza legislativa a favore della famiglia sia a livello nazionale che locale". La Chiesa torinese ha il massimo rispetto "nei confronti delle persone e delle loro scelte di vita, ma nello stesso tempo, in sintonia con il Magistero del Papa e dei Vescovi italiani, non ci stancheremo di proporre alle giovani generazioni il modello millenario di famiglia che Gesù Cristo ha confermato come il progetto di Dio valido “fin dal principioâ€. Bisognerà poi capire se davvero le attuali coppie di fatto aderiranno alla nuova possibilità offerta: diventando “come famiglieâ€, non si potrà più dichiarare, ad esempio, di essere genitori single con prole. E dunque si perderanno punti nelle graduatorie per alcuni servizi pubblici, a cominciare dalle scuole materne... Resta inoltre il problema di una cittadinanza che diventa “a macchia di leopardoâ€: a Torino o a Collegno certe unioni civili hanno un tipo di riconoscimento, in altri confinanti, no. La Costituzione, non dovrebbe essere la stessa per tutti?