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Il virus sesso&potere che ha travolto la politica si sconfigge con una nuova politica

• da Gli Altri del 2 luglio 2010

di Assunta Sarlo

 

E così, è scomparsa la politica. (La, parola, ma non è un piccolo sintomo). Due copertine di Leggendaria, a distanza di 2 anni. Febbraio 2008: donne, politica, violenza recitava la cover di un numero che intero guardava, alla crisi della politica e al suo - in quel momento "privilegiato" - campo di battaglia. Il corpo delle donne, guarda caso, e il filo rosso passava, ancora una volta, per l'aborto, per la fecondazione assistita e per le questioni della fine della, vita e come non capire che le politiche pubbliche e l'occhio mediatico che guardavano solo agli stupri di strada e non alla violenza delle case imprigionavano ancora una volta, la libertà di quel corpo di stare nello spazio pubblico e tentavano di rimetterlo nuovamente sotto tutela? Due anni dopo - di mezzo c'è la sequenza che parte da una festa di compleanno in una discoteca, di Casoria, passa per le parole di Veronica Lario che dichiarano nudo l'imperatore suo marito, giunge al lettone di Putin e a Patrizia. D'Addario, diventa bipartisan e moltiplica le domande con la vicenda Marrazzo e con la caduta, del sindaco di Bologna per opera dell'ex compagna Cinzia. Cracchi per poi approdare alle donne senza volto in guisa di tangente negli scambi della "cricca" - la copertina della rivista, mette in fila di nuovo tre parole. Stavolta sesso, denaro, potere. E il titolo - il virus - che insieme riassume e sposta: dal sintomo - la crisi della politica - alla diagnosi, l'infezione. E, se si volesse un po' sbrigativamente riassumere, si potrebbe dire che, nella parabola di questi due anni, il corpo delle donne - è anche il titolo del documentario di Lorella Zanardo che ben si è inserito nella, sequenza sesso&potere - non è più soltanto il terreno di scontro della biopolitica che mira a controllarlo, ma anche l'oggetto di uno scambio: tra uomini ovviamente, ma non solo. Passano attraverso quel corpo affidamenti individuali sui quali ci si interroga, più o meno smarrite: fosse diventato quel corpo, per alcune giovani donne, una carta come le altre sul mercato dei lavori, delle carriere politiche, degli accessi veri o presunti ad una qualche casta, nella marmellata comunicativa in cui siamo collettivamente immerse e immersi, che ci impiglia i gesti e ci rende afoni? Questo è il nostro oggi - ogni giorno buono per arricchire il catalogo dello sdegno e della stanchezza - e da questo oggi non si può prescindere nel guardare al rapporto delle donne con la politica delle istituzioni, vecchia storia per i femminismi italiani, densa di inimicizie, conflitti (anche tra donne) e diffidenze reciproche. La velocità con il quale il tema sesso&potere è scomparso dalle pagine dai giornali, quelli che pure l'avevano assunto seppure solo in chiave antiberlusconiana e non come la necessità di esplorare la relazione tra uomini e donne nel confine ormai travolto tra pubblico e privato, è un ulteriore segno del riformularsi dell'agenda politica e mediatica, a prescindere dalle questioni poste dalle donne (e da qualche uomo) in questo ultimo periodo. E quando questo accade e accade con frequenza negli ultimi anni che pure - a dispetto del ripetuto ritornello del "silenzio delle donne" - hanno visto muoversi nello spazio pubblico temi e soggettività, variegati - è come se per le donne venissero ribaditi i motivi di un'estraneità che rimanda all'originaria esclusione dalla polis, ma che si è via via, nei femminismi, diversamente riformulata sotto una, matrice "alternativa" alla politica delle istituzioni. Quando linguaggi, modalità, riti svelano tutta la loro inadeguatezza (vale per la sinistra, per quel che ne resta e per quel ci sarebbe da fare e non si fa) , se non addirittura la patente falsità o peggio il bieco profittare della res publica in versione penalmente rilevante e/o politicamente sconcia è forse il momento di porsi una domanda più radicale sull'esistenza di uno spazio pubblico condiviso, nel quale - seppur a caro prezzo potersi muovere. È una domanda sull'anomalia italiana - chi ha visto Draquila di Sabina Guzzanti sa di cosa stiamo parlando - che riguarda tutte, ivi incluse quelle che le istituzioni hanno deciso di abitarle e, all'estremo, le donne che sono lontane dalle forme della politica. E tutte coloro che, nei movimenti, hanno praticato tentativi di interlocuzione , con esiti quasi sempre deludenti. Eppure. Cosa ci dicono le donne di Pomigliano d'Arco che – raccontano le cronache - in tante hanno votato no alla richiesta capestro della Fiat, drammaticamente al passo con i tempi nello scambio lavoro-diritti? Sanno e ci dicono che dietro quella vicenda c'è la nuda vita riformulata a "servizio" dell'impresa e c'è la fatica che non si vede e che resta prevalentemente sulle spalle di chi sta all'incrocio conflittuale di due spazi, quello pubblico del lavoro, quello privato del lavoro domestico. Quanta politica e di come pensiero del cambiamento c'è in questo passaggio ci è chiaro, meno chiaro e parallelamente sempre più stringente la possibilità di rintracciare, costruire e abitare uno spazio della politica che quei conflitti (e molti altri) veda e sappia interpretare.


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