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Il grande pasticcio delle pensioni

• da Il Fatto Quotidiano del 2 luglio 2010

di Stefano Feltri

 

La versione ufficiale è che c'è stato un "refuso": il governo, giura il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, non ha intenzione di legare anche le pensioni di anzianità (i 40 anni di contributi) all'aumento della vita media. In teoria il governo doveva intervenire solo sulle pensioni di vecchiaia delle dipendenti statali e sullo scorrimento delle finestre di pensionamento nel 2011. Ma la Ragioneria dello Stato scrive (nella sua relazione all'emendamento alla manovra che inserisce in Finanziaria la misura), che per ottenere i risparmi di spesa annunciati bisogna rimettere in discussione anche il tabù dei 40 anni di contributi come soglia per ottenere la cosiddetta pensione di anzianità (l'altra, quella di vecchiaia, dipende dall'anagrafe e non dai contributi versati). Cioè dovrebbe scattare "l'adeguamento triennale, a decorrere dal primo gennaio 2016, dei requisiti anagrafici" per le pensioni di anzianità. Se aumenta la vita media, aumenta l'età contributiva necessaria per avere la pensione. "Ne ho parlato con il relatore di maggioranza della Finanziaria Antonio Azzollini e conveniamo che è stato per tutti un refuso che non corrisponde all'intenzione del governo", assicura Sacconi. I sindacati stavano già insorgendo e non sono del tutto rassicurati, temono che sia stato un blitz andato male, visto che qualcosa di simile era già successo con i condoni fiscali ed edilizi prima inseriti in un emendamento della maggioranza poi, quando si è diffusa la notizia, smentiti dal Tesoro. Il rischio è che il governo possa riprovarci, visto che le modifiche alla manovra saranno comunque blindate dentro un maxi-emendamento su cui verrà posta la fiducia. Anche perché, sembra di capire dalla relazione della Ragioneria, se si elimina l'intervento sulle pensioni di anzianità verranno meno alcuni dei risparmi previsti. E quindi si dovrà tagliare qualche altra voce di bilancio. I tempi sono stretti: oggi la commissione Bilancio del Senato dovrebbe finire di esaminare gli emendamenti proposti dal senatore Azzolini (che riassumono le intenzioni del governo), poi martedì la manovra dovrebbe arrivare in aula ed essere votata entro giovedì. Ma già si parla di ritardi perché i negoziati e le proteste contro i tagli - che, almeno nei saldi finali, non sono in discussione - continuano. Ieri c'è stato lo sciopero dell'Associazione nazionale magistrati, che contestano le riduzioni dei loro stipendi previste dalla manovra. Una reazione eccessiva, secondo il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino: "Autonomia e indipendenza della magistratura non dipendono dai livelli di remunerazione". Anche le Regioni, guidate dal governatore dell'Emilia Romagna Vasco Errani, non hanno perso la speranza di ottenere qualche modifica perché "non è possibile che l'80 per cento dei tagli imposti dalla manovra ricadano sul complesso delle autonomie locali". Ma il governo sembra considerare la polemica chiusa, con Umberto Bossi che due giorni fa affermava in conferenza stampa che "le regioni hanno digerito i tagli". E al massimo concederà una maggiore gradualità nel risanamento. Sta anche nascendo un asse trasversale romano dall'ex segretario del Pd Walter Veltroni al sindaco della capitale Gianni Alemanno che contesta l'austerità imposta al Lazio e soprattutto i pedaggi sul Grande raccordo anulare intorno a Roma che il Comune potrebbe essere costretto a inserire dopo la riduzione dei trasferimenti dallo Stato. Sulla manovra c'è poi l'attenzione del Quirinale: il capo dello Stato Giorgio Napolitano aveva chiesto che prima della pausa estiva la priorità nei lavori parlamentari venisse data alla Finanziaria (che, una volta approvata dal Senato, deve passare alla Camera). Di fronte alla volontà del governo di votare il disegno di legge sulle intercettazioni entro la fine di luglio, ieri Napolitano ha detto che "anche senza essere monsignor Delapalisse, è evidente che quel consiglio non è stato ascoltato nel momento in cui sono state prese determinate decisioni a maggioranza nella conferenza dei capigruppo".


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