Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mer 30 ott. 2024
  cerca in archivio   RASSEGNA STAMPA
E i giornalisti si tolgono il bavaglio

• da Liberal del 2 luglio 2010

di Marco Palombi

 

La pizza "no al bavaglio" della premiata ditta Sorbillo in Napoli, gli immancabili post it gialli, il popolo viola e tutte le altre società civili, la Federazione nazionale della stampa, i leaderini della sinistra extraparlamentare (nel senso di quella cacciata dal Parlamento col voto), l'immancabile mondo della cultura e, ultima ma non ultima, Patrizia D'Addario. La manifestazione di piazza Navona, a Roma, contro la legge sulle intercettazioni che la maggioranza vorrebbe approvare entro l'estate è stata infatti impreziosita dalla presenza della escort anche se a lei spiace la definizione - famosa per quell'appuntamento galeotto sul lettone di Putin a palazzo Grazioli. «Lei qui non è gradita», le hanno fatto sapere via agenzia quelli della Fnsi, ma in realtà la signora barese - in missione pubblicitaria col libro Gradisca, presidente sotto il braccio e il prossimo, annunciato, ancora nella testa - aveva speciale diritto di andare a protestare contro il ddl, contenendo quel testo il cosiddetto "emendamento D'Addario", che punisce con pene da piccolo spaccio di droga chiunque registri conversazioni all'insaputa dell'interlocutore (fatta eccezioni per i giornalisti iscritti all'albo). L'ex accompagnatrice del premier, in ogni caso, ha fatto la sua figura: «Io sono per la libertà di stampa - ha spiegato assediata da fotografi, cameraman e giornalisti - e perché questo ddl non abbia un seguito». Non solo: «Sono qui per la vostra libertà - ha detto ai giornalisti - e anche per la mia perché l'anno scorso io ho raccontato la verità a un giudice ed ora sto ancora pagando per quello che ho detto: con questa legge la verità non sarebbe mai uscita fuori». E dunque, no al bavaglio, nemmeno sul lettone di Putin. Quanto ai promotori - movimenti, associazioni e sindacato dei giornalisti - al di là dei condivisibili motivi di protesta, ieri pomeriggio s'è sprecata retorica costituzionale, resistenziale, muscolare e artistica. L'happening, per dire, s'è aperto nientemeno che con l'inno d'Italia, seguito dalla lettura dell'articolo 21 della Carta, quello sulla libertà di stampa. Dal palco - gestito da Tiziana Ferrario (volto del Tgl allontanato dalla conduzione) - sotto la scritta «No al silenzio di Stato. Contro i tagli e i bavagli», hanno profuso indignazione Dario Fo (al telefono), Massimo Ghini, Leo Gullotta e, ovviamente, i vertici della Fnsi: «Se la legge passa - prometteva ad esempio il presidente Roberto Natale - noi faremo disobbedienza civile e professionale. Questa legge non merita di essere rispettata e i giornalisti che non la rispetteranno avranno l'appoggio pieno del sindacato e dell'ordine». Sotto al palco intanto Antonio Di Pietro, bontà sua, plaudeva al comportamento del capo dello Stato e vaticinava al limite dell'eversivo: «È una truffa, un raggiro per fare in modo che i cittadini non sappiano quello che sta accadendo nelle segrete stanze del palazzo. Ma noi ci saremo, saremo in aula e ci resteremo anche a costo di occupare il Parlamento ad agosto». Se l'ex pm è Stalin, Luigi De Magistris, fratello coltello, è Trotsky e vuole i post it gialli in tutto il mondo: «Bisogna dare ali a questo movimento di resistenza democratica e pacifica, affinché varchi i confini nazionali». Fino alla Russia di Putin e del suo lettone, si immagina, o almeno fino alla Grande Mela, tanto è vero che il popolo viola - che poi in sostanza si chiama Gianfranco Mascia vuole comprare pagine su New York Times e Herald Tribune per chiedere sostegno contro il ddl intercettazioni a governi e cittadini degli Usa e della Ue (per gli interessati c'è l'apposito sito www.helpitaly.it). Piazza molto piena e d'umore dipietrista quant'altre mai, ma i politici d'ogni sinistra ci sono andati a nozze tutti: Bersani e il suo vice Letta, Veltroni con moglie e figlie, Franceschini, Fassino, Finocchiaro (tutti a promettere battaglia in Aula, ovviamente, e a sperare inutilmente nei finiani), i vendoliani Migliore e Cento, il verde Bonelli, il comunista Diliberto, il socialista Nencini, i radicali, i grillini, Legambiente, l'Arci e una mazzetta di sigle del mondo culturale. Mentre la giornata avanza c'è tempo pure per la replica della D'Addario a quelli che non la vogliono in piazza («Mi ha invitato il popolo viola») e un Franco Siddi, segretario Fnsi, in pieno trip anni Quaranta: prima ha trovato il modo di citare la legge sulla stampa «approvata nel 1947 dall'Assemblea costituente», poi ha annunciato fiero che «oggi si inaugura la giornata della resistenza civile del XXI secolo. Non la faremo clandestinamente ma alla luce del sole ripeteremo che la libertà è un bene fondamentale, che è conoscenza». Chiusura ottimista: «Chi considera l'informazione un pericolo sarà sconfitto». Se non dalla Fnsi, peraltro, forse ci pensano gli americani come al solito, magari commossi dall'appello viola.


IN PRIMO PIANO







  stampa questa pagina invia questa pagina per mail