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Manovra, ultimo appello imprese e Regioni

• da Da Il Messaggero del 5 luglio 2010

di Rossella Lama

 

II fronte dei critici si allarga. Mentre i governatori insistono che la manovra va cambiata e aspettano che Berlusconi li riceva, ieri il mondo delle imprese ha lanciato un vero e proprio allarme. Un appello a parlamento, governo, al presidente Berlusconi e al ministro Tremonti «perché vengano modificate norme che; nella formulazione attuale, costituiscono violazioni gravi dei diritti dei contribuenti e nulla hanno a che vedere con il contrasto all'evasione». Le firme in calce alla missiva: Confindustria, e Rete imprese Italia che riunisce Confcommercio, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confesercenti, praticamente l'intero pianeta delle imprese grandi e piccole e degli artigiani, la dicono lunga su quanto sia ampio il malcontento. Nella nota unitaria spiegano che le novità fiscali che li riguardano rischiano di «creare forti contenziosi di carattere costituzionale e di avere conseguenze irreparabili specie per le piccole e medie imprese». Nel merito, la manovra introduce «il divieto di effettuare compensazioni fra crediti e debiti fiscali in presenza di accertamenti anche di importo modesto (1.500 euro)». Le imprese chiedono che la compensazione sia negata solo nel caso in cui l'erario abbia accertato in modo definitivo che il contribuente deve effettivamente quelle somme. È una novità che vale molti soldi: è previsto a regime un incasso di 1,9 miliardi di euro l'anno. Questo spiega quanto il governo ci tenga, e d'altra parte, quanto le imprese la vedano come il fumo negli occhi. E c'è dell'altro. Il decreto pone un limite temporale alla sospensione da parte di un giudice dei pagamenti di crediti fiscali verso lo Stato (150 giorni portati a 300 da un emendamento in commissione). Le associazioni fanno notare che in media i procedimenti di primo grado durano 700 giorni, e che se passasse questa norma il contribuente sarebbe costretto, pena il pignoramento, a pagare gli importi richiesti dal fisco prima ancora della sentenza che gli dà torto. Come andrà a finire lo vedremo presto, perché la manovra è al rush decisivo. Oggi, o domani mattina al più tardi, la commissione Bilancio del Senato dovrebbe dare il suo via libera, spedendo il testo all'esame dell'aula dove si prospetta un iter blindato. I tempi sono stretti, il decreto deve essere convertito entro fine mese, e anche la Camera deve avere il tempo di fare il suo esame. Il presidente della commissione Antonio Azzollini ha sul tavolo una montagna di emendamenti, molti dei quali presentati da lui stesso in accordo col governo. Dall'elenco, dopo il fuoco di fila praticamente bipartisan, sono scomparse le novità sui 40 anni di contributi che non bastavano più per andare in pensione, e l'emendamento che penalizzava le tredicesime delle forze dell'ordine e dei magistrati. Ma su altri punti caldi la commissione del Senato deve esprimersi in queste ore, a partire dai tagli alle Regioni. I governatori non sanno più come dire che quei 4 miliardi in meno che riceveranno dallo Stato nel 2011, che saliranno a 4,5 miliardi nel 2012, li costringeranno a tagli enormi a livello locale. «La manovra varata è squilibrata perché pesa per l'80% su Regioni e enti locali e finirà per ricadere sui servizi pubblici essenziali per i cittadini», insiste per tutti Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni. E come le associazioni delle imprese anche i governatori si appellano al premier Berlusconi. Sperano in un incontro per oggi o domani in modo da avere il tempo per preparare delle controproposte nella loro riunione di giovedì prossimo. Tremonti, che è inflessibile sulla misura del taglio dei trasferimenti agli enti locali, di fronte alle proteste ha rimandato la palla nel campo avverso con un emendamento che prevede che sarà la Conferenza Stato-Regioni a decidere «criteri e modalità» con i quali il sacrificio sarà ripartito.


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