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Accuse iraniane: «A secco i nostri aerei all'estero»

• da Il Sole24Ore del 6 luglio 2010

di R.ES.

 

«È un atto contro i diritti umani e contro le convenzioni internazionali». Kazem Jalali, relatore della Commissione Esteri del parlamento iraniano ha così commentato le voci circolate ieri in Iran, secondo cui quattro paesi avrebbero deciso di non rifornire di carburante, nei loro scali, gli aerei passeggeri iraniani. «Dalla scorsa settimana Gran Bretagna, Germania e Emirati Arabi Uniti hanno rifiutato di rifornire di carburante i nostri aerei nei loro scali aeroportuali», ha detto Mehdi Alyari, segretario dell'Associazione delle compagnie aeree iraniane all'agenzia Isna. Pochi giorni prima il Kuwait aveva preso una decisione analoga. Poco dopo l'annuncio dagli Emirati Arabi è però arrivata la smentita. «Abbiamo dei contratti con i voli di linea iraniani e continueremo a rispettarli», ha spiegato una portavoce dello scalo. Il capo dell'Iran Air in Germania ha poi negato che ci siano stati problemi. In attesa di chiarimenti, molti analisti sostengono che lo stop dei rifornimenti, se confermato, rappresenta un tentativo per allinearsi alle ultime sanzioni unilaterali decise dagli Stati Uniti. Una misura più dura del round di sanzioni varato dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, finalizzata a un ulteriore giro di vite contro il regime degli ayatollah. In altri termini un modo per incentivare le compagnie energetiche internazionali a rinunciare al business iraniano per salvaguardare quello ben più remunerativo negli Stati Uniti. Non a caso ieri la Bp avrebbe ordinato ai suoi operatori di bloccare i rifornimenti di carburante per gli aerei iraniani. Colpire la benzina potrebbe rivelarsi un'azione piuttosto efficace. La benzina, infatti, è il tallone d'Achille della Repubblica Islamica. E questo gli Stati Uniti lo sanno bene. Già negli ultimi mesi del 2009 una voce girava insistente. «HitTheranwhereithurts» (colpisci Teheran dove fa male). L'Iran ha le terze riserve mondiali di petrolio, è il quinto esportatore, eppure importa ancora quasi il 40% dei suoi consumi di benzina. Suona come un paradosso, ma nel mondo solo gli Usa acquistano più carburante. Colpire l'import di prodotti raffinati equivale dunque a infliggere un danno rilevante all'economia, già in difficoltà, della Repubblica islamica, dove la benzina non si tocca. Grazie ai sussidi governativi costa otto centesimi di curo al litro. Pur mostrando spavalderia, l'Iran è consapevole del potenziale danno che deriverebbe dal un blocco improvviso delle importazioni di carburante. Da alcuni anni ha gradualmente ridotto la quantità di benzina sussidiata per persona (oggi solo 60 litri al mese). Per due motivi; i prodotti energetici sussidiati rappresentano una zavorra,ormai insostenibile, sui conti suoi pubblici. Il loro costo è infatti di circa 100 miliardi di dollari l'anno. In secondo luogo per abituare gli iraniani a ridurre gli sprechi energetici derivanti dalla benzina a basso costo. Ieri il clamoroso annuncio. «Su decisioni già prese in precedenza, a partire dalla seconda metà di quest'anno (a metà settembre, ndr) finiranno le vendite di benzina sussidiata», ha dichiarato Mohammad Royanian, capo dell'organizzazione dei trasporti iraniani.


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