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Profughi eritrei, Frattini «Lavoriamo per aiutarli»

• da Secolo d'Italia del 7 luglio 2010

di Antonio Pannullo

Si intensificano gli appelli al governo per la sorte del 245 profughi eritrei detenuti in un campo nel deserto libico: parlamentari e giornali chiedono all'esecutivo di intervenire presso tripoli affinché sia riconosciuto loro lo status di rifugiato e possano venire accolti nel nostro Paese. Ma il governo si sta già muovendo, in forza del rapporto privilegiato con la Libia di Gheddafi rinforzato qualche mese fa con il patto bilaterale: il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha annunciato da Mosca dove si trova, che «la Libia ha già dato segnali di importante disponibilità» per fare chiarezza sulla sorte di 250 eritrei detenuti in Libia, come chiesto dal commissario ai Diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg. «Il contributo dell'Italia non è mai mancato e non mancherà - ha proseguito Frattini - ma lo faremo nei modi che portano al risultato e non in quelli che servono a far pubblicità a qualcuno, senza ottenere il risultato. Il risultato si ottiene guardando cosa sta accadendo, chiedendo la collaborazione delle autorità libiche, perché la Libia è uno Stato sovrano e noi rifiutiamo l'approccio colonialista che alcuni sembrerebbero indicare». Poco dopo, il capo della diplomazia italiana ha annunciato di non escludere «che sia permesso a un rappresentante diplomatico italiano di accompagnare le autorità libiche e di visitare il campo dove questi eritrei sono custoditi». «Vogliamo contribuire alla soluzione della vicenda - ha spiegato - in uno spirito di amicizia. Lo abbiamo fatto contribuendo alla liberazione di un cittadino svizzero evitando una grande crisi Europa Libia sui visti a causa di un contenzioso con la Svizzera. Ma lo abbiamo fatto senza puntare il dito, senza approcci invasivi, rispettando l'autonomia di uno Stato, e i risultato è arrivato». Quanto alla chiusura in Libia dell'ufficio Onu per i rifugiati (Unhcr), Frattini ha quindi ricordato che «è un problema che sollevammo e la risposta fu «ci lavoriamo». Oggi l'ufficio esiste, vi è un reggente perché il titolare è stato sostituito: attendiamo che torni a funzionare a pieno regime, ma un inizio di ripresa delle attività c'è già stato». Oggi comunque nella sala del Mappamondo della Camera si terrà. una conferenza stampa dell'associazione "A buon diritto", presieduta da Luigi Manconi, alla quale parteciperanno Giovanni Maria Bellu, Fabio Granata, Flavia Perina, Savino Pezzotta, Jean Leonard Touadi, Livia Turco, oltre allo stesso Manconi, che ieri ha spiegato: «Siamo di fronte a un'autentica emergenza umanitaria: ci sono minimo 245 profughi, in maggioranza eritrei ma anche somali, che languono in situazione disperata in un campo profughi libico». A quanto pare, ha raccontato Manconi, i profughi sono stati respinti un anno fa dalle coste italiane, e sono stati ripresi dai libici che li hanno rinchiusi in un centro, a Misurata. In seguito, a causa di una rivolta per le cattive condizioni, gli eritrei sono stati trasferiti, pochi giorni fa, a di Braq, vicino Sabha, nel sud del deserto libico. «Secondo le nostre informazioni - dice ancora il presidente di A buon diritto - i rifugiati sarebbero stati divisi in due gruppi e tenuti in due celle sotterranee. Hanno denunciato di essere stati torturati, e le loro condizioni sono all'estremo». Manconi ha ricordato, e ricorderà oggi in conferenza stampa, che il patto tra Italia e Libia «deve rappresentare un punto di forza per convincere Tripoli a consegnarci i profughi, per questo chiederemo forte e chiaro al governo di accoglierli con lo status di rifugiati politici». Anche il Consiglio d'Europa ha chiesto all'Italia di intervenire: «L'Italia aiuti a chiarire la situazione dei 250 profughi detenuti in condizioni, a quanto riferiscono varie ong e gli stessi eritrei via sms, del tutto disumane», ha detto il commissario per i Diritti umani Hammarberg.



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