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Roma sta mediando: «Ai profughi eritrei un lavoro in Libia»

• da Da Il Messaggero del 7 luglio 2010

di Fabio Morabito

Un diplomatico italiano potrebbe visitare i prigionieri eritrei nel carcere libico di Braq, a Sebah, nel deserto del Sahara. Tripoli, infatti, starebbe rispondendo con disponibilità alle richieste, e iniziative, della Farnesina. Il nostro ministero degli Esteri, a sua volta, con alcuni passi all'insegna della cautela, sta rispondendo agli appelli, interrogazioni parlamentari, articoli di giornale che hanno messo in luce la vicenda di oltre duecento profughi eritrei (245, secondo fonti concordi) che, in fuga dal loro Paese, sono stati arrestati dalla polizia libica e sono imprigionati a Braq. Soprattutto. l'impegno della nostra diplomazia è qui «sollecitare amichevolmente» la Libia a trovare una soluzione che non sia il rimpatrio di questi sventurati i quali, in quanto considerati nemici del regime eritreo, rischierebbero di essere perseguiti, se non addirittura torturati, al ritorno in Patria. La soluzione sarebbe trattenerli in Libia, da cittadini liberi naturalmente, procurando loro un lavoro magari utilizzando le Ong italiane. Ieri il ministro degli Esteri Franco Frattini ha parlato di «segnali di importante disponibilità» dalla Libia. Roma ieri è stata chiamata in causa anche dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg. «L'Italia ha il dovere di vigilare sul rispetto dei diritti umani e di evitare di rinviare migranti, inclusi richiedenti asilo, in Paesi dove rischiano di essere torturati o maltrattati» ha dichiarato Hammarberg. Ma perché ci si rivolge proprio all'Italia? Perché tra i profughi incarcerati ci sono quelli che sono stati respinti dalla nostra Marina mentre provavano a sbarcare sulle coste italiane lo scorso anno. E l'accordo tra Roma e Tripoli sul respingimento degli immigrati è da tempo sotto accusa per i modi con cui la Libia ci aiuterebbe a limitare gli sbarchi dei clandestini sulle nostre coste. In polemica con gli attacchi politici dell'opposizione, in una lettera indirizzata al quotidiano II Foglio, Frattini e il ministro dell'Interno Roberto Maroni hanno scritto di aver scelto «una strada diversa da quella della pubblicità» e che «è in corso una delicata mediazione sotto la nostra egida» per aiutare i profughi eritrei. Quello che non viene detto, per evidente opportunità, è che la suscettibilità del leader libico, il colonnello Muammar Gheddafi, con la quale indubbiamente ora l'Italia ha un rapporto privilegiato, consiglia un'estrema prudenza forviale.



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