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Frattini e Maroni, mediazione delicata con la Libia

• da Il Fatto Quotidiano del 7 luglio 2010

La sorte degli eritrei in Libia ma anche gli accordi commerciali con il Sudan del dittatore amar al-Bashir (su cui pende un mandato di cattura internazionale dell'Aia). Sono stati i due temi al centro dell'audizione, ieri mattina, dei rappresentanti di Amnesty alla commissione Affari Esteri della Camera. Un'occasione "istituzionale" in cui l'associazione riepiloga le principali criticità italiane in tema di diritti umani (discriminazioni ai rom, agli omosessuali, garanzie insufficienti per gli immigrati) ma rileva anche le violazioni dei paesi esteri con cui l'Italia stringe o prevede di stringere importanti accordi Il ministro Frattini (che aveva definito "indegna" la parte relativa all'Italia contenuta nel Rapporto annuale) non c'era. Ma, almeno, ieri ha rotto il silenzio sulla situazione dei circa 250 eritrei detenuti nel campo di Barak dopo essere stati deportati da Misurata. Ieri i responsabile della Farnesina, assieme al ministro Maroni, ha dichiarato che il governo ha avviato una "delicata" mediazione con Tripoli L'obiettivo sarebbe arrivare all'identificazione dei profughi ed evitarne il rimpatrio in Eritrea. Maroni e Frattini dicono che i diritti irrinunciabili "vanno presi sul serio". Ma richiamano "la necessità di un atteggiamento rispettoso della sovranità libica". Definendo addirittura "neocoloniale" la visione di chi vuole controllare in maniera troppo pressante ciò che accade nel paese. Amnesty è soddisfatta? "Abbiamo il compito di dialogare con le istituzioni-dice l'attivista Daniela Carboni-e, al di là del caso specifico, serve un confronto approfondito sui diritti umani in Libia. Così come in tutti i paesi con cui ci sono rapporti così stretti".



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